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“Da Grande” floppa e Cattelan frigna come un bambino

Di Franco Bagnasco
Pubblicato il 27 Set. 2021 alle 11:08 Aggiornato il 27 Set. 2021 alle 11:09

Peggio di così, difficilmente si poteva fare. Ed è un vero peccato. Travolto dalle critiche dopo il flop senza appello (2,3 milioni di spettatori, share 12,67 per cento) della scorsa settimana del suo “Da grande”, ieri sera Alessandro Cattelan è tornato in onda su Rai 1 per la seconda e ultima puntata buttando ovunque sprazzi di livore e sarcasmo. Avendo un ego non arginabile neppure con i più moderni sistemi di contenimento, l’enfant prodige della neo televisione, già buon conduttore di “X-Factor” (dove faceva appunto solo il conduttore), ha fatto l’unica cosa che nella comunicazione bisogna evitare: rispondere acidamente alle critiche invece di glissare. Ha piagnucolato come un bimbo anziché passare oltre; mostrando di essersela presa parecchio per i rilievi fatti al suo (evidentemente intoccabile) operato.

All’inizio dello show (una puntata che sul piano del ritmo è scivolata via senza intoppi, con Serena Rossi, Raoul Bova e il ritorno di Elodie) ha piazzato una frase a giustificare la precedente debacle Auditel: “Ancora tanti complimenti alla Nazionale di pallavolo, che almeno questa sera non dovrebbe vincere un Europeo”. Proseguendo con la granitica linea scelta, peraltro poco saggia: colpa di quella partita in contrapposizione se è andata male. Basta invece guardare i numeri di stamattina, senza volley, per smentire Cattelan: per “Da Grande” ancora il 12 per cento di share, con 2.196.000 teste. Ancora meno della scorsa settimana, più competitiva. Il rivale “Scherzi a parte” 17,3 per cento con 3.043.000 teste.

Ma torniamo alle funamboliche reazioni allergiche (alle critiche) del conduttore. A seguire, dopo un riferimento gastronomico familiare, sotto con l’ironia sui luoghi comuni dell’Italia che segue Rai 1: “Saluto a mia nonna e poi pasticceria: 100 per cento Rai 1 o no? O no? O no? Datemi tempo, datemi tempo di entrare nel mood; anzi, già che ci siamo: vogliamo o non vogliamo farlo un bell’applauso alle nostre nonne, che sono le migliori del mondo? Glielo vogliamo fare, o no? Ci metto un po’ ma poi entro nel loop: devo abituarmi a Rai 1, mi sto soltanto scaldando ragazzi. Ma non ho ancora fatto un applauso per il nostro cibo, che è il migliore del mondo, però ragazzi, perché no? Facciamo un applauso al cibo italiano! Ah, come si mangia bene nel nostro Paese! È bellissimo, potrei abituarmi e invece no”.

Pochi minuti dopo, un altro colpo di balestra: “Faremo stasera un viaggio nei riti di passaggio delle varie età, e lo faremo come è mia abitudine, senza un rigore scientifico, ma in modo assolutamente superficiale, come soltanto io sono in grado di fare le cose: è il nostro modo di essere in sintonia con i tanti che ci guardano e commentano sui social. Quindi lo facciamo anche per voi”.

Il rilievo nasce spontaneo: non si pretende di essere né ruffiani né ossequiosi, ma è particolarmente intelligente (per sopire un rancore interiore inestinguibile che sa di lesa maestà) arrivare a deridere la tua stessa audience? È una mossa scaltra sfottere la rete che ti ospita giocando sugli italici luoghi comuni? Fosse almeno una gag divertente…

Ma questo è niente. Il capolavoro arriva nel monologo sotto finale: prendendo come pretesto una storia (vera o strumentale che sia, poco importa) che riguarda la figlia Olivia, a suo dire rifiutatasi di andare a scuola “perché un suo compagno di classe le faceva le pernacchie”, Cattelan ricama un’allegoria che riguarda se stesso e l’ossessione del recente flop. “Olivia, è una settimana che mi fanno le pernacchie. Capita. Ti sono sembrato meno papà del solito perché la gente mi fa le pernacchie? No? Per me sei sempre Olivia, anche se il tuo compagno ti fa le pernacchie. Non ti far fermare dalle pernacchie, perché fanno tanto rumore… Sono solo aria, non ti fanno niente! E soprattutto le pernacchie non devono mai farti smettere di fare quello che ami fare: ti piace ballare? E allora balla, c…! Fregatene, balla! Divertiti! Non importa quello che dice la gente!”. Chiosando poi con fare sprezzante: “Questa settimana sono stato accusato di essere arrivato su Rai 1 troppo Cattelan. Mi avete fatto il più grande complimento della mia vita!”.

Caro Alessandro più o meno (troppo?) Cattelan, se lo lo lasci dire: questo atteggiamento (per giunta molto infantile per uno che apparecchia un programma che si chiama “Da Grande”) era assolutamente evitabile. Anzitutto perché ha fatto un uso molto privato del mezzo, che in questo caso è anche pubblico. E in secondo luogo perché alla stragrande maggioranza della sua platea televisiva, che non conosceva critiche e polemiche social legate al debutto, queste sue uscite sono parse come un oggetto misterioso. L’inspiegabile livore di un post ragazzetto che doveva solo intrattenere il pubblico, e che ha preferito invece togliersi personalissimi sassolini dalle scarpe. Con acidità. Perché questo purtroppo è passato in video. Per la risposta alle polemiche ci sono altre sedi. Lo spieghi al suo orgoglio.

E poi si tranquillizzi: il prossimo anno condurrà con la consueta bravura l’”Eurovision Song Contest”, e appena possibile potrà accomodarsi in seconda o terza serata (magari su Rai 2) a rifare per la milionesima volta David Letterman e i suoi emuli. Nel luogo più acconcio. È vero: bisogna fregarsene delle pernacchie. Ma a volte aiutano a guardarsi dentro.

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