Cosa vedere questo weekend in tv: la rubrica di TPI
Nel gigantesco ecosistema di serie e film che il mainstream ci propone, può capitare di perdere alcuni prodotti davvero di livello. Questa settimana ho separato i prodotti per “Gender”. Curiosamente ci sono serie che ormai, felici o meno, appartengono al passato, e serial che abbracciano il futuro. È il caso di Halston, Serial politicamente corretto che narra la vicenda di uno stilista omosessuale, Roy Halston Frowick, interpretato da un magnifico Ewan Mc Gregor, in un lavoro contraddistinto da grande gusto stilistico, regia asciutta e tanta nostalgia per eleganza e stile.
È un prodotto davvero ben fatto che mi sento di consigliare senza esitazioni, specialmente se siete amanti della moda e degli anni ruggenti dello Studio 54, discoteca newyorchese frequentata da un microuniverso di grandi personaggi dello scorso secolo, quando tanto era libero, e, sinceramente, molto più facile.
Il serial sta avendo successo, qualche guaio dei produttori con le proteste della famiglia di Halston che vedeva l’uomo instancabile lavoratore e meno uomo di spettacolo, sta di fatto che il serial racconta bene gli ultimi anni felici prima della grande crisi emotiva, finanziaria e spirituale degli anni novanta del ventesimo secolo. Niente di cui strapparsi i capelli, ma per gli amanti del design e stile è un must.
Sempre sul tema delle nuove forze indipendenti, per chi non l’avesse visto, è da riprendere Russian Doll, della geniale Natasha Lyonne, in collaborazione con un team di sole donne. È un serial totalmente al femminile, e si vede. Grandi lampi di genio e ironia, qualche tracollo verso il basso, in generale una esperienza come va di moda ora, al confine tra terapia psicologica e narrativa, con grandi pregi, ottima ambientazione, qualche furto, l’idea madre di “Ricomincio da capo” e magistrali errori di inesperienza e tempi, ad esempio avere clamorosamente sbagliato il Season Finale, inserendo tratti grotteschi e insensati. Ma è da vedere, perché è un serial come ce ne sono pochi.
Poi c’è il mondo delle serie nascoste che si rivolgono al passato, con un impianto di “uomini al comando”. È il caso di Billions, SKY o NOW, riuscito polpettone economico-sociale, la guerra tra un Procuratore di New York e uno spietato affarista, dove il bene e il male si confonde, dove il lusso la fa da padrone anche nelle location. Le prime due puntate fanno fatica, ma poi il serial comincia a ingranare, e quando lo fa tutto gira. Donne messe nei ruoli secondari, la vecchia battaglia tra due uomini di potere che si rinnova. Sono alla fine della Prima stagione, mi direte nei commenti o sui miei canali social se vi sono piaciute quelle a seguire.
Sempre in tema di Avvocati, finanza, New York, e il mondo adrenalinico degli “uomini al comando” trovate, su Netflix, SUITS, iniziato come serial “Vecchio stile” alla House MD (Dottor House), con puntate che narrativamente avevano capo e coda, sino alla modernità di una impalcatura centrale, storia/obiettivo dei protagonisti, e alcune sotto trame sandbox per allungare il brodo nelle puntate. I personaggi funzionano, tutti, tranne la principessa Meghan Markle, a suo agio nel fare l’attrice come io nel fare una colonscopia senza anestesia. La ragazza, oggettivamente, non sa recitare, o meglio, non sul set.
Su Netflix sono arrivati alcuni prodotti di qualche tempo fa, alcuni imperdibili per chi è a cavallo del secolo come età e ricorderà l’immortale Highlander, successo milionario con musica dei Queen e Sean Connery sugli scudi, un film epicamente magico nonostante il tempo, quei rari gioielli nati non si sa perché, e Boyhood, più recente (2014) di Richard Linklater con una piccola mano in produzione di Ethan Hawke. Un film unico nella storia del cinema, imperdibile. La vita di un bambino dal 2002 al 2013, partendo dai suoi otto anni. Un finale commovente, momenti di raro lirismo come la madre (Patricia Arquette, Oscar per questo film) che si chiede “È tutto qui? Insomma, io ti cresco, e a un certo punto tu te ne vai?”.
Sconsigli della Settimana: La donna alla finestra, Netflix, con Amy Adams, malriuscito, e ovviamente, compiutamente, devotamente, state alla larga da qualsiasi cosa con l’etichetta “Italia”. Matematicamente, vuoi per la natura tipicamente radical chic dei nostri autori, (come fa uno che è nato benestante a Roma a raccontare il mondo?) Vuoi per il vulnus politico in cui tutto, in questa nazione, si mischia, nessun prodotto italiano mainstream può avere la minima speranza di essere nemmeno vagamente decente. E dire che non è così difficile fare un bel film o serial. Almeno uno, in vent’anni. Niente, non ce l’hanno fatta. Buona visione.
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