Cosa vedere questo weekend in tv: la rubrica di TPI
Settimane di stagnazione sulle piattaforme, in cui ci si divide tra una Post Modern Hollywood all’insegna del senso di colpa che produce film irricevibili come Nomadland o Minari e prodotti di largo consumo votati alla mediocrità come sta facendo Netflix ultimamente all’insegna della “quantità è meglio della qualità”, e gli italiani sono bravissimi a premiare prodotti davvero scarsi, anche se decisamente migliori dei lavori italiani, come “Sexify”, visto soltanto per il nome, come da tradizione italica.
Su Star (Disney +) trovate però un serial stupendo: Fosse Verdon (da non confondersi con “Verdone” dal cui ultimo film mi avvicinerei con infinite cautele, vista la solenne tradizione italica di non fare MAI un film decente). Il prodotto è la storia del famoso coreografo e regista Bob Fosse, due volte premio Oscar e della compagna Gwen Verdon. Gran classe e magia nel ritornare in tempi in cui il cinema era libero. Sam Rockwell e Michelle Williams fanno un lavoro stupendo, e la produzione si sforza al massimo di ricreare quei tempi magici. Bob Fosse sarebbe uno di quei geni scacciati al giorno d’oggi. Donnaiolo, geniale, instabile. Hollywood certamente lo scaccerebbe. E questo è il significante peggiore di questi tempi orribili per l’arte. Perchè quel “donnaiolo” è il regista e coreografo sublime di “Cabaret” e soprattutto di “All that Jazz”, uno dei cinque film più importanti della mia vita, vincitore di quattro Oscar, con un incredibile Roy Scheider e una Jessica Lange al massimo del massimo della sua bellezza e gioventù, e, credetemi, Jessica Lange è stata una delle più belle donne della storia del cinema. All That Jazz è un biopic in cui lo stesso regista si racconta, uno dei film più incredibili di questo medium, e…non lo potete vedere. Le nuove generazioni che si avvicinano al cinema non hanno alcuna possibilità di vederlo sulle piattaforme, a favore dei vari Bridgerton o Baby.
E’ una discrasia della modernità. Nella “mediocrazia” in cui siamo finiti, in cui i Maitre à Penser hanno il calibro di Fedez, è difficilissimo trovare bellezza. E’ il tempo della mediocrità. Un consiglio? Ordinate il Blu-ray dall’America, e se avete ancora un lettore DVD, comprate il DVD, mi ringrazierete. Tornando a “Fosse Verdon” è da vedere proprio perché riporta a quei tempi magici.
Tornando, purtroppo, alla modernità, su Netflix trovate “I Mitchell contro le macchine”, dagli autori di “Spiderman – Un nuovo universo” (recuperatelo se l’avete perso). Pur sotto il controllo di mamma Sony, questi film sono bestie tecnologiche di rara forza e anche dal punto di vista narrativo dicono la loro. In particolare Mitchell contro le macchine sarà amato dai vostri figli e piacerà anche a voi, per certo. A volte lisergico, a volte ottimo nel ridisegnare in maniera cinematografica il web, a volte davvero riuscito artisticamente. Sicuramente impressionante tecnicamente. Da vedere.
Su Netflix trovate “All is true” di e con Kennet Branagh nel tentativo improbabile di fare un film sugli ultimi anni di Shakespeare dal punto di vista dell’autore. Sarebbe troppo facile prendere in giro l’attore/autore per alcuni momenti francamente imbarazzanti del prodotto, come rallenty improbabili e momenti degni del peggior British Drama. Eppure All is true ha i suoi momenti, e alcuni dialoghi di qualità. Non è tutto da buttare. C’è la forza del bardo, e di questi tempi è tanto. Parleremo quando uscirà in Italia di un film che sono riuscito a vedere in anteprima, “The Father”, con Anthony Hopkins. Il cinema, se fatto bene, ha quella splendida capacità di contrarre, espandere, ridurre, tagliare, manipolare il tempo. Se lo sceneggiatore è abile, Il tema dell’Alzheimer può diventare un’arma nella drammaturgia. Chiaramente il miglior film candidato agli Oscar, è un capolavoro, non ha vinto perché i suoi interpreti sono occidentali e di razza caucasica. Non è un caso se Anthony Hopkins abbia marcato visita e non si sia presentato a Los Angeles, nonostante la vittoria come miglior attore. The Father è un gran film con una ambientazione sublime, scenografie di lusso e grandi interpreti. Menzione speciale alla bellezza di Imogen Poots, quando entra in scena non vuoi vedere altro che lei, non aspetti altro che rivederla. Ha chiaramente i crismi della star. Tutto perfetto, tutto bellissimo. Il film dell’anno. Mi dispiace per il regista, Florian Zeller, troppo francese e bianco lui e troppo borghese il tema per vincere L’Oscar. O salta fuori un bambino congolese omosessuale bullizzato da fascisti birmani, o non si vince più nulla. Come gà anticipato, The Father non si può ancora vedere in Italia. In compenso a riguardo di “mediocrazia”, potete vedere il film Di Carlo Verdone. Seppur il Verdone giovanile ci ha regalato pilastri di vero cinema e vero divertimento. Preferisco non guardare questo ultimo film perché, non avendo L’Alzheimer, sarei costretto a ricordarlo. L’ultimo che ho visto, e purtroppo è stato l’inizio di una serie di film sbagliati, è “Maledetto il giorno che ti ho incontrato”, al cinema nel 1992, e più volte ho accarezzato l’idea di farmi lobotomizzare per dimenticarlo.
Come sempre, rimanete alla larga da qualsiasi prodotto mainstream cinematografico o seriale con l’etichetta “Italia” contemporaneo, Boris a parte. Buona visione.
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