Consultare la pagina Wikipedia di Simona Ventura è come leggere un trattato di vizi e virtù della storia della televisione italiana degli ultimi 35 anni. Sì: 35 anni. Non avete letto male. Era il 1985, infatti, quando fece le sue prime sparute apparizioni in W le Donne o nel Gioco delle Coppie, anche se il suo anno cult di questa prima parte di carriera rimane indubbiamente il 1988: valletta al fianco di Magalli su Rai Uno, partecipazione a Miss Universo e film con Carlo Vanzina. Un trittico tipo Armageddon che avrebbe potuto seccare chiunque e che, invece, è stato solo la rampa di lancio di una carriera incredibile. Che dopo aver affrontato progetti, sfide e salti nel vuoto ritorna su Rai Due in prima serata ogni mercoledì con “Game of games – Gioco Loco”, il nuovo game show prodotto da Blu Yazmine.
“Posso dirti?” ci racconta Simona “Io sono follemente innamorata di questo progetto. Ho avuto un sacco di feedback positivi: la gente si è divertita a guardarlo e io a farlo. È un progetto che aspettavo da tempo. Giusto per me e nelle mie corde. Come concorrenti ho voluto i miei amici: personaggi che mi piacciono, stimo e che amano mettersi in gioco. E vi assicuro che ne vedrete delle belle: ti dico solo che Elettra Lamborghini, in una delle prossime puntate, ha vomitato. Credo che mi stia maledendo tuttora”.
In una diretta, il giorno dopo la prima puntata, hai detto “Le corse si commentano alla fine”. Il tutto mentre alcuni addetti ai lavori ti immaginavano incazzata alla visione dei dati d’ascolto non esaltanti della prima puntata…
“Intanto io mi incazzo per cose importanti, non certo per i dati d’ascolto. Non ho mai commentato i progetti prima del loro termine, perché ho visto un sacco di programmi che sono iniziati così così e poi hanno avuto un boom. Io non mi agito e non mi esalto mai. Sono imperturbabile. Poi, voglio dire, Ellen De Generes, una del gotha televisivo di cui ho una stima infinita, ha fatto un post per complimentarsi con il programma e ne ha mandato anche un pezzo sul suo “The Ellen Show”. È stata la realizzazione di un sogno”
Ma sei rimasta imperturbabile anche la sera della finale di Sanremo? Non ti sei nemmeno un po’ incattivita a vederlo da casa anziché direttamente da quel palco, dove avresti dovuto condurre la finale?
“Non sono mai incattivita se non con le persone che se lo meritano. Che tanto poi le vedo sempre passare sul greto del fiume. Diciamo che al massimo ero amareggiata, ma devo ammettere che sono molto fatalista e mi sono detta che forse non era la volta giusta. Mi è dispiaciuto non fare questa reunion con Fiorello e Amadeus dopo tanti anni, questo sì.”
Per chi hai tifato?
“Intanto devo fare i complimenti ad Amadeus perché si è dimostrato un direttore artistico veramente sul pezzo tanto che i brani si sentono moltissimo ancora oggi. Io ho tifato Madame e Irama. Ma anche per la mia Francesca Michielin. E comunque c’è stato un buon mix. Vuoi mettere i Maneskin sullo stesso palco di Orietta Berti icona della canzone indiscussa?”
Che ricordo hai del tuo Sanremo?
“Beh, giocoforza anche noi puntammo molto sui giovani ma fummo costretti. Le case discografiche ci boicottarono e quindi dovemmo cucinare con quello che avevamo. Meno male ci fu Mogol e la sua scuola che ci diede una mano.”
Sai che non posso non farti questa domanda: stai guardando l’isola targata Ilary Blasi?
“Io sono sempre una grande fan dell’isola. Quest’anno la seguo a spizzichi e bocconi perché ha molta controprogrammazione e io faccio anche molti Webinar. Ma mi piace”
Ma perché, secondo te, dopo tutti questi anni l’isola rimane ancora, per il popolo, una creatura di Simona Ventura?
“Quando l’ho fatta io era il tempo giusto, abbiamo fatto un lavoro creativo ed editoriale pazzesco. Abbiamo avuto concorrenti incredibili. Oggi le nuove piattaforme hanno inevitabilmente cambiato il ritmo della visione. Netflix, Sky, Amazon hanno una velocità del racconto che ai nostri tempi non esisteva.”
E ti sei pentita di averla fatta da concorrente?
“No, è stata un’isola che mi ha riavvicinato alle persone. È stata una scelta che nessuno al mondo ha mai fatto, un’esperienza che mi ha regalato emozioni. Poi sai che ti dico? Mi hanno insegnato più le esperienze che sono andate meno bene, le sfide in cui mi sono buttata.”
La tua storia è costellata da collaborazioni con donne. Esiste amicizia e riconoscenza tra voi che giocate nella serie A della tv italiana?
“Ma io ho tantissime colleghe amiche. Ovviamente non tutte. Io sono serena ripensando a quello che ho fatto e vivo il successo delle persone che ho scoperto o con cui ho collaborato con grande orgoglio. Penso al successo di Cattelan, a Belen che ha avuto il suo boom con me e poi ha fatto una carriera sfolgorante a Mediaset. Penso a tutti i naufraghi che dopo l’isola macinavano tutti serate. Alcuni sono riconoscenti e altri meno… ma sai che c’è? Ma chi se ne frega.”
Chiudiamo con l’attualità dell’agenda politica. Si parla moltissimo in questi giorni del DDL ZAN, per punire l’omotransbifobia. Ci sono stati tanti appelli da parte del mondo della cultura e dello spettacolo.
“Alessandro Zan lo conosco da anni: sono stata anche madrina del suo Padova Pride Village in tempi non sospetti. Io ho sempre lottato per qualunque minoranza. Per me non esiste differenza di genere, di colore, di orientamento sessuale. Esistono solo le brave e le cattive persone. E il DDL ZAN è sacrosanto. Così come vorrei che il governo si occupasse della riforma della giustizia, delle pratiche per l’adozione e dell’affido. Siamo un Paese che tende a mettere tutto nel dimenticatoio: ora stiamo imparando l’importanza della parola e della condivisione. È importante parlare di queste cose, di leggi, di diritti e tenere vivo l’interesse nella gente e soprattutto nella nostra classe politica”