“Ho deciso di sospendere le mie apparizioni televisive. In questa tv mi ritrovo poco. Molti ci vanno per apparire dicendo banalità. È diventata troppo cannibale, troppo fine a se stessa, autoreferenziale”. Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, si è raccontato in un’intervista a Mario Luzzatto Fegiz per il Corriere della Sera. “Se vado in tv devo avere qualcosa di interessante da raccontare. Quello che paga la tv non cambia la mia vita. Non mi interessa aumentare la mia popolarità. Questi teatrini con artisti leggendari come Bobby Solo o Fausto Leali, sono utili solo al programma e poco e niente a chi vi partecipa. Quindi niente tv a meno che non si tratti di una conduzione di un programma televisivo che sia stimolante e gradevole. Ma per ora non se parla”. Nel corso dell’intervista si è poi toccato il tema dei vizi dell’artista. C’è qualcuno dei vizi capitali che non ha? “(ride) Sono come i sette Re di Roma. Difficile ricordarli tutti. Dunque non ho l’invidia. Chiaramente ho desiderato la donna d’altri. Ho tradito spesso. Poi vado forte con la superbia. Sì, superbo e arrogante, anche se non sembra. La superbia mi ha salvato da un sacco di attacchi che avrebbero potuto minare la mia incolumità fisica e psicologica. Sì, un po’ di superbia non guasta”.
Da alcuni decenni Pupo vive con la moglie (Anna) e con l’amante (Patricia) in un menage a trois che molti invidiano. Ha avuto la passione per il gioco d’azzardo e delle donne e spesso si è trovato con le spalle al muro assediato dagli usurai. “Lei dice che mi invidiano. Fanno male. È un percorso che non ho scelto io. Perché è difficile. C’è sofferenza. È troppo facile liquidarlo così. Io oggi ho 67 anni, mia moglie Anna ne ha quasi 70, Patricia ne ha 62 . Sto da 50 con la moglie, da 33 con l’amante. E lei pensa che sia stata una cosa semplice? O che io possa consigliare alle mie tre figlie o a chiunque altro un rapporto pluri-amoroso come il mio? Ma non ci penso nemmeno. Dicevo: invidia sprecata. Come quella di coloro che invidiano Berlusconi, il presidente degli Stati Uniti o i miliardari e non sanno niente su quello che comporta affrontare percorsi di questo genere… Poi la vita è anche fortuna, non solo abilità. Io non mi pento del mio percorso sentimentale che oggi sarebbe più semplice da affrontare. Ho avuto a che fare con due donne speciali. Non sono io lo speciale, sono loro. Dopo aver sbagliato tanto e dopo aver raccontato un sacco di fesserie, dopo aver mentito tanto, dopo aver tolto la dignità alle donne che mi sono state accanto, ecco io da queste due donne sono stato migliorato. Loro mi hanno insegnato la lealtà. La poligamia è una realtà diffusa, maggioritaria nel pianeta. La nostra cultura, educazione e religione ci impediscono di essere poligami. Io ho pagato e sto pagando le conseguenze di queste mie scelte fatte alla luce del sole”.
Nel 1989 girava voce di un suo mancato suicidio. “Sì. Tornavo dal Casinò di Venezia ed ero su un caratteristico viadotto al confine fra Emilia e Toscana. La banca mi massacrava per uno scoperto di 70 milioni di lire. Io avevo un fido di 50 milioni dal casino di Venezia. E li c’erano anche gli usurai. Andai dunque lì per prendere il denaro a prestito e tacitare la banca. Non vinsi, ma persi altri 50 milioni peggiorando la mia situazione. Mentre tornavo con la mia jaguar riflettevo sulla mia condizione di… ricco coi debiti. Così avevo parcheggiato sulla piccola corsia d’emergenza del viadotto con l’idea di farla finita. Ero sconvolto, non vedevo vie d’uscita. Era notte, fra sabato e domenica, e i Tir non circolavano. Tutti meno uno: quello che mi sfiorò a un millimetro. Lo spostamento d’aria mosse la macchina di qualche centimetro e mi riportò alla ragione”.
Nella sua vita tre incontri determinanti: “Freddy Naggiar, il padrone della Baby Records. Mi ha immaginato e poi costruito. Ma ha sbagliato nel sottovalutare la mia durata. Mi mollò nel 1982. Mi ha insegnato il valore della sofferenza. Fondamentale è stato l’incontro con il mio attuale manager: Umberto Chiaramonte. Con lui, 25 anni fa, iniziammo un difficile (per alcuni addetti ai lavori impossibile) lavoro di riposizionamento artistico. Visti i risultati, direi che Umberto è stato bravo. E poi Gianni Morandi che, oltre ad avermi aiutato economicamente, mi ha anche spesso insultato e strapazzato sbattendomi in faccia quel che ero: un poco di buono, un delinquente perché tradivo le attese di mia madre e dei miei amici. Io, lui, il nostro commercialista Oliviero Franceschi e Gianmarco Mazzi eravamo in società. Una società che gestiva la mia attività e che oggi appartiene totalmente a me”. Una vita movimentata. “Vedendo il risultato finale rifarei tutto. Sofferenze e errori compresi. A 25 anni ero miliardario. Pochi anni dopo ero indebitato per 7 miliardi. Gioco d’azzardo, investimenti sbagliati. Mi trovai in un vortice. Io son qui a raccontarla, ma è stato un miracolo. Irripetibile”.
Infine una battuta sulla Nazionale Cantanti che Pupo ha contribuito a fondare: “E’ un’esperienza ormai chiusa. Prima erano i big della canzone a illuminare la squadra, adesso sono i cantanti a prendere popolarità da questo brand”. E sui rospi ingoiati in carriera: “Il secondo posto a Sanremo con Emanuele Filiberto. In realtà avevamo vinto, ma alla votazione finale dei primi tre successe qualcosa di strano. Non posso fare i nomi delle persone con cui parlai in quei momenti. I veri vincitori eravamo noi. E io avevo un grosso debito di riconoscenza con la Rai con la quale stavo lavorando benissimo e non volevo fare casini”. Parola di Pupo.