Si chiama Love e non è un caso che Michael Bublè abbia scelto questo titolo per il suo ultimo album, in uscita il 16 novembre. Il cantante canadese scende dal palco e lo fa dopo una straordinaria carriera. Troppo breve, probabilmente, ma la causa è seria e dimostra, ancora una volta, lo spessore dell’artista.
“Ho smesso di mettere l’ego di questo mestiere davanti alle persone che amo”, ha affermato il cantante. Vuole dedicarsi alla moglie Luisana Lopilato e ai suoi figli, Noah, 5, Elias, 2, e la piccola Vida, di appena pochi mesi.
“Questa è la mia ultima intervista. Mi ritiro dalla musica: ho fatto il disco perfetto e ora posso lasciare quando sono ancora al top”, ha detto.
Carriera al top
45 anni e 75 milioni di dischi venduti, Michael Bublè lascia la sua carriera al top soprattutto per suo figlio Noah, a cui è stato diagnosticato un cancro: “Al momento della diagnosi mi sono reso conto che mi occupavo di cose non importanti. Ero imbarazzato dal mio ego”.
Il cancro è stato diagnosticato quando Noah aveva tre anni. “La cosa peggiore che un genitore possa ascoltare”, ha detto Bublè. Oggi il tumore è in remissione e Noah sta meglio, ma questa fase buia della sua vita ha fatto cambiare al cantante italo canadese la percezione della vita: “In una situazione del genere vuoi soltanto morire. Non sapevo neanche se stessi respirando o meno. Per mia moglie era lo stesso e anche se tra i due ero il più forte, non ero forte”.
La carriera non sarà mai più una priorità per Bublè: “Non metterò mai più l’ego di questo lavoro davanti alle persone che amo. È la ragione per la quale mi sono allontanato da questo mondo negli ultimi due anni. Non so neanche se riuscirò a terminare questa conversazione senza piangere. E non ho mai perso il controllo delle mie emozioni in pubblico”, ha affermato nell’ultima intervista al tabloid britannico Daily Mail’s Weekend Magazine.
Roberto Benigni, un modello per sopravvivere
Nell’intervista, il cantante ha confessato che a ispirare la sua forza in questi tempi è stato un personaggio de La vita è bella, quello interpretato da Roberto Benigni: “Il film era ambientato in un campo di concentramento e il personaggio di Benigni, Guido, e suo figlio riuscivano a sopportare quella situazione solo scherzando su tutto”.
E anche Michael Bublè ha iniziato a usare la stessa tecnica: Non ho mai nominato l’ospedale, lo chiamavamo ‘hotel del divertimento’. E con le lenzuola pulite che ci davano ogni giorno, costruivo una tenda per Noah. È stato un esercizio difficile. E provo ancora molto dolore quando ne parlo”.
Una vita completamente stravolta dalla malattia del figlio: “Tutti mi riconoscevano e mi chiedevano: ‘Come sta tuo figlio?’, e io finivo per essere risucchiato ancora di più. Sentire tutta quella umanità, però, mi ha molto aiutato”. L’idea di rimettere in piedi la band e pubblicare questo ultimo, importante lavoro deriva anche da questo: “Sento di avere un debito di gratitudine nei confronti di tutte le persone che hanno pregato per noi”.
La malattia del piccolo Noah
“Siamo devastati nell’annunciare la diagnosi di cancro fatta al nostro figlio più grande, Noah”. Così due anni fa, il cantante italo canadese Michael Bublè annunciava al mondo la malattia che aveva colpito il piccolo Noah, oggi 5 anni.
“Abbiamo sempre dichiarato l’importanza della famiglia e l’amore per i nostri figli. Luisana ed io abbiamo messo in pausa le nostre rispettive carriere per dedicare il nostro tempo e la nostra attenzione a Noah ed aiutarlo a rimettersi. In questo momento difficile vi chiediamo soltanto di pregare e di rispettare la nostra privacy. Abbiamo una lunga strada di fronte a noi. Speriamo che con il sostegno della famiglia, degli amici e dei fan riusciremo a vincere questa battaglia”, scriveva allora il cantante.
Lo descrive come un “viaggio all’inferno”, Michael Bublè. “Non ne parlo nemmeno agli amici. La malattia di mio figlio è stato un viaggio all’inferno. Anzi, se ripenso a dove siamo stati, l’inferno diventa un bel posto per fare una vacanza”, ha detto in un’intervista all’Herald Sun. Bublé ha motivato anche la sua richiesta di riservatezza sulla vicenda: “Anche se mio figlio è stato un supereroe, non ha bisogno di rivivere di continuo ciò che ha passato”.
Ha affrontato la malattia negli Stati Uniti e, dopo mesi e mesi dentro e fuori dagli ospedali, il piccolo Noah oggi sta meglio: la malattia è in remissione e si avvia verso la guarigione.
I tumori del pancreas (o neoplasie del pancreas) si verificano in seguito alla moltiplicazione fuori controllo delle cellule del pancreas, cellule che vanno a formare una massa. Purtroppo il rischio è che queste cellule tumorali si spostino dalla ghiandola del pancreas e si diffondano in altre parti dell’organismo. La malattia colpisce soprattutto ultrasettantenni, è molto raro che colpisca soggetti al di sotto dei 40 anni.