Cosa vedere questo weekend in tv: la rubrica di TPI
Con il ritorno al cinema il mio consiglio in sala va certamente al film “EST” con Lodo Guenzi, diretto dal bravo Antonio Pisu e prodotto in maniera indipendente da Paolo Rossi. Un film che ha avuto il plauso anche di Oliver Stone. È la storia di quattro ragazzi di Cesena in viaggio verso Budapest, a cavallo della caduta del Muro di Berlino. La consegna di una valigia in Romania e l’incontro con tante diverse emozioni. Da vedere, anche per sostenere il nostro cinema che non necessariamente passa da Roma. Passiamo ora a una delle più brutte cerimonie dell’Oscar viste nella storia del cinema. Non c’è fine alla voglia di Hollywood di rendere omaggio al politicamente corretto e alla Cancel Culture, disintegrando talento e vera arte. Glenn Close ancora snobbata, e ormai la cosa suona più di farsa che altro, e vittoria a uno dei film più mediocri che abbia visto negli ultimi anni: Nomadland.
Un inno al politicamente corretto che strizza l’occhio ad Amazon, con una Frances McDormand che vaga sullo schermo per due ore, non diretta, in un film che vorrebbe parlare di sconfitti ma lo fa giustificando il neoliberismo, diretto in maniera scolastica, con clamorosi errori di sceneggiatura e ridondanze, pesantissimo. Pensiamo al fatto che film come Short Cuts (America Oggi) e Carlito’s Way, diretti da veri registi, Robert Altman e Brian de Palma, e parliamo di due tra i venti più grandi film della storia del cinema, l’Oscar non lo hanno mai vinto, per comparare il livello. La cerimonia ha avuto soltanto nove milioni di spettatori, record in negativo, e si sono visti errori macroscopici come la decisione di premiare il miglior attore protagonista dopo il miglior film, con il risultato distopico di veder accettare Anthony Hopkins con un messaggio registrato.
È rimasto alla larga da Hollywood, e ha fatto bene. Nomadland si aggiunge alla lista degli orrori politicamente corretti di questo New Deal della mediocrità, che spazza via film come “Storia di un matrimonio” a favore dei Moonlight o dei Parasite. A riguardo, va letto assolutamente il libro di Bret Easton Ellis, “Bianco”, che parla a lungo della follia che stiamo vivendo. Se volete qualcosa di simile a Nomadland, ma riuscito, cercate “Una Storia vera” di David Lynch, o “Into the wild” di Sean Penn, o lo straordinario “The Florida Project”, che l’Oscar non è riuscito a vincerlo. Nomadland si trova sulla piattaforma Disney+ Star da oggi. Piuttosto che riguardarlo vado a fare una Tac con contrasto.
Sulle piattaforme, in questo caso SKY/NOW trovate lo splendido “Barry”. Si vede in due giorni, ha una trama geniale ed è divertentissimo. È uno dei lavori che mi sono piaciuti di più negli ultimi tempi. È la storia di un killer che finisce dentro una scuola di recitazione a Los Angeles. Non è esente da difetti, e da sceneggiatore non ho proprio idea di come potrà evolversi la seconda stagione dopo il Season finale che ho visto, ma rimane un prodotto strepitoso per tanti motivi. Di altro livello, perché arriva dalla mente di un genio, Charlie Kaufman, trovate sulla stessa piattaforma “Confessioni di una mente pericolosa”, opera prima alla regia di George Clooney, scritto da Kaufman. È uno dei pochi lavori Mainstream del genio, ed è davvero un bel film.
Sempre su Now o Sky trovate un concerto magico con la violinista Anne Sophie Mutter, “Hollywood Soundtracks”, raccolta di capolavori di John Williams tra Guerre Stellari e Schindler’s List. Non perdete su AppleTv+ “The Year that Earth Changed”, L’anno in cui la terra è cambiata. Un lavoro che fa davvero riflettere. Mostra come la natura si sia risvegliata durante il Lockdown, permettendo alle Balene di comunicare a grandi distanze e riprodursi senza le grandi navi da crociera, tranne in Italia, nazione in cui il Movimento 5 stelle ha permesso a questi colossi di continuare a inquinare, alle tartarughe di poter deporre uova nelle spiagge, e così via.
Su Amazon Prime Video, per gli amanti del cinema di classe, da vedere assolutamente “Frances Ha”, opera prima di Noah Baumbach, regista di “Storia di un Matrimonio” (capolavoro) che trovate invece su Netflix. In questo film Baumbach rivela il suo talento e la sua grazia, e mostra come girare un film profondo con una storia leggerissima. Tutto il contrario di Nomadland, in pratica. Ma purtroppo per lui Baumbach è uomo, bianco, Newyorkese. Uno status che al momento non premia. E questo è solo l’inizio della dittatura della mediocrità. Ci aspettano anni terribili per l’arte vera. Che per definizione è dissacrante, scorretta, libera.
Leggi tutti gli articoli del regista Matteo Vicino su TPI
Leggi l'articolo originale su TPI.it