Corrado Augias lascia la Rai dopo 63 anni e approda a La7
Corrado Augias lascia la Rai dopo una collaborazione durata 63 anni e approda a La7 dove, dal prossimo 4 dicembre, condurrà il programma culturale La torre di Babele.
Intervistato dal Corriere della Sera, il giornalista spiega: “Ho ceduto dopo anni al corteggiamento di Urbano Cairo e poi anche del direttore Andrea Salerno. Per il gusto della sfida”.
Sulla decisione di lasciare la Rai, Corrado Augias specifica: “Nessuno mi ha cacciato, ma nessuno mi ha trattenuto. A 88 anni e mezzo devo lavorare in posti e con persone che mi piacciono; e questa Rai non mi piace”.
Il giornalista, poi, ripercorre la sua carriera in Rai a partire da quando fu mandato a New York in qualità di corrispondente: “La Rai aveva l’intero piano di un grattacielo sulla Sesta Avenue, il direttore era un ebreo fuggito dalle leggi razziali, George Padovano. Arrivai in nave: otto giorni da Napoli a Manhattan, con mia moglie e nostra figlia Natalia, che aveva un anno e mezzo. I mobili furono imbarcati su un bastimento che finì in balia di una tempesta: li recuperammo a pezzi. Così comprammo un po’ di arredo usato all’Esercito della Salvezza, e un paio di mobili ce li fece un giovane artista che amava il legno: Mario Ceroli”.
Nel corso dell’intervista con Aldo Cazzullo, il giornalista ammette di aver provato una volta marijuana e cocaina ma “senza grandi effetti. Un’altra volta ho provato un po’ di cocaina: effetti zero. Forse l’ho inalata male”.
Su Eugenio Scalfari, suo direttore a La Repubblica, afferma: “Un maestro, con due straordinarie qualità. Il talento affabulatorio: teneva l’intera redazione appesa, a bocca spalancata, al racconto di quello che aveva fatto la sera prima. La sintesi: di una situazione ingarbugliata trovava subito il bandolo”.
Corrado Augias, poi, ricorda quanto contribuì a fondare Rai 3: “Mi chiamò Angelo Guglielmi, con la sua vocina: “Non abbiamo soldi per fare gli sceneggiati, ma ti darò una trasmissione che sarà il nostro sceneggiato”. (Augias imita perfettamente Guglielmi). L’idea era di Lio Beghin, padovano geniale: contaminare la tv con il telefono. Nacquero così Telefono giallo e Linea rovente, affidata a Giuliano Ferrara”.
Il giornalista, inoltre, si lascia andare a un giudizio su Giorgia Meloni, che definisce “Intelligente e prigioniera”. Poi spiega: “Credo che lei vorrebbe davvero costruire un partito conservatore, ma non le riesce, per colpa dei camerati che la bloccano con cento impacci. Per Giorgia non ho simpatia politica, ma ho simpatia umana. Ha un cattivo carattere, che l’ha aiutata ad arrivare fin lì, ma ora rischia di perderla. Dovrebbe reprimerlo”.
Sulla Schlein, invece, afferma: “Non vorrei parlare della sinistra. Che fine ha fatto quella forza che l’ha animata per mezzo secolo? Sembra evaporata”.
Il reporter esprime alcuni giudizi sui politici del passato, tra cui Silvio Berlusconi: “L’ho detestato. L’Italia non aveva certo bisogno del suo cattivo esempio. Ricordo una sua visita alla scuola della guardia di finanza. Raccontò una barzelletta: ‘Bussano alla porta, chi è? Rapinatori! Meno male, temevo fossero i finanzieri’. E i futuri finanzieri risero”.
E alla domanda su quale sia il segreto della sua longevità, risponde: “La serenità. Conosco colleghi bravissimi ma invecchiati male, rancorosi, in credito con il mondo. Io sono una persona serena. Non invidio, non desidero. Prendo quello che viene, non rimpiango quello che non è venuto e non verrà”.
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