Corrispettivi economici troppo bassi e poca trasparenza sui ricavi: un gruppo di attori italiani, rappresentati dalla società “Artisti 7607”, avvia una causa contro Netflix, colpevole – secondo l’accusa – di omettere dati sulla diffusione di film e serie tv e versare di conseguenza “cifre risibili” ad attori e attrici.
Tra i fondatori dell’associazione Elio Germano, Neri Marcorè, Claudio Santamaria, Michele Riondino, Alberto Molinari, Carmen Giardina, volti noti del grande schermo italiano che ritengono “iniquo” il compenso percepito dalla piattaforma di streaming.
Dopo mesi di trattative, inizierà un processo al Tribunale civile di Roma. Cinzia Mascoli, presidente di “Artisti 7607”, affonda: “La causa è l’inevitabile conseguenza di sterili e lunghe trattative nel corso delle quali la piattaforma non ha ottemperato agli obblighi di legge; non ha fornito dati completi sulle visualizzazioni e i ricavi conseguiti in diverse annualità. Tutti elementi indispensabili per ottenere una remunerazione adeguata e proporzionata per gli artisti”.
“Artisti 7607” accusa Netflix di non condividere le informazioni su quante persone guardano i loro contenuti e sui ricavi che ottengono. Per gli attori il decreto legislativo 35/2017 impone alle emittenti di comunicare i dati sullo sfruttamento delle opere, ma in assenza di sanzioni le piattaforme si limitano a condividere il minimo indispensabile.
Interpellata sulla vicenda, Netflix ha affermato di avere accordi ufficiali con tante società che rappresentano gli interessi degli attori. In Italia però ne esistono tre, motivo per cui è più facile che si generino incongruenze simili.