La quarantena di Achille Lauro senza Boss Doms
Dal barocco ostentato sul palco dell’Ariston per il suo progetto creativo firmato Gucci alle produzioni minimaliste dell’isolamento domestico nel mezzo di un’epidemia mondiale. Achille Lauro a quest’ora starebbe in cima alla classifica degli artisti più richiesti nei prossimi live da qui a due anni, lanciato a mille dalle discusse esibizioni sanremesi che nella settimana del Festival – ultimo ricordo di assembramenti e vita – ormai erano più attese del collegamento dal balconcino di Vincenzo Mollica, o degli abiti di Diletta Leotta, o dei monologhi di Fiorello che oggi è suo partner prescelto nelle poche apparizioni sui social. Dal profilo “achilleidol”, mentre decine di suoi colleghi si sono dedicati a ripetute dirette Instagram, lui si è dedicato alle stories e a costruire “un’idea libera”, una nuova idea, delle sue, nata di notte, realizzandola senza orari, col giorno che si apre quando fa buio.
E quando poi là fuori si rivede la luce del sole, il corriere bussa e consegna pacchi: strumenti di lavoro, utensili di emergenza in un appartamento semi-vuoto e persino una grande palestra da montare con il libretto delle istruzioni in mano, per tenere allenati i muscoli evidenziati dai tatuaggi. Quasi sempre si mostra a petto nudo selfandosi allo specchio, la ricrescita dei capelli neri sotto il giallo della tinta, trasandato (ma mai che non sia davvero voluto). Nome di battesimo Lauro in arte Achille Lauro. Il rocker e performer che dal vivo – nelle piazze ancora prima che a Sanremo – vale il prezzo di dieci biglietti di fila. E proprio ora che il mondo attraversa le tenebre del Covid-19, il ragazzo dall’adolescenza controversa come vuole il mito legato a un certo tipo di successo, all’apice dell’incertezza storica, dispensa paillettes e frasi d’amore somministrate a gocce come lo Xanax, ogni sera, in stories Instagram offerte come un film.
Un crescendo-suspense ha infatti accompagnato il brano “16 marzo”, ballata sentimentale di cui aveva fatto annotare l’uscita sul calendario della quarantena proprio il fatidico 3 aprile, originaria ipotesi per la fine delle misure governative invece prolungate. Un brano che ha risposto a quel diffuso desiderio di riassaporare un concerto, un parto creativo, uno spiraglio che fosse “d’altro”, nel chiuso di quattro pareti. “Una svolta artistica”, l’ennesima della ricerca di Lauro, avvenuta in pandemia, superando l’inverno, la Pasqua, le mancanze. Ad esempio quella del suo inseparabile amico e producer Boss Doms, al secolo Edoardo Manozzi. Lui sì che è sparito dalla coppia, almeno pubblicamente. Nessuna interazione sotto i post dell’ultimo singolo (on air su 178 radio italiane e trasmesso pure in Giappone, Malta, Slovenia, Svizzera, Belgio), nessun tag o partecipazione emotiva, nessuna citazione né immagine nelle attuali stories di Lauro, che invece per tutto il tempo ha fatto coppia fissa nello stesso appartamento (vedi le suddette stories) con l’artista e deejay Gow Muzik alias Matteo Ciceroni, già rodatissimo collaboratore dei due, che indica come suoi “fratelli”.
Qualcuno gli ha chiesto se fosse vera la voce di un litigio con Boss Doms, visto che il compagno di mille avventure – fra cui Pechino Express edizione 2017 – non si vede più se non per droppare o per regalare magnifici dj-set casalinghi con la moglie Valentina Pegorer, che gli ha dato la figlioletta Mina e ispirato un pezzo techno intitolato “Mina no!”. Lauro ha glissato le domande usando i glitter anni Novanta del video di “16 marzo”, presentato in diretta Instagram qualche giorno dopo la diffusione del brano e interpretato dall’attrice Benedetta Porcaroli. “L’ho intitolato 16 marzo perché è una lettera d’amore – ha dichiarato – Una lettera scritta appunto il sedici di marzo, per ricordare un amore che forse non esiste più”. Il video è stato realizzato a distanza, grazie a un gruppo di lavoro tecnologico. Achille Lauro ha spiegato: “A monte c’è sempre un’idea molto chiara e molto forte sostenuta da una squadra. Dietro le parole del brano c’è un mondo e c’è la musica da guardare”, fissata nelle pose di Benedetta Porcaroli in versione “Baby”. Il brano: “Struggente e melodico – racconta Lauro – Rimanda alla cultura pop anni Novanta che dimostra come la creatività non abbia limiti, non abbia confini e non abbia restrizioni”. Una fuga in avanti, “16 marzo”, una boccata d’ossigeno quando l’unico viaggio possibile al momento è nelle note musicali di una poesia.
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