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Violenze urbane, sfatato il mito del passante che non interviene: il mondo è pieno di buon samaritani

Credit Ansa
Di Maria Elena Gottarelli
Pubblicato il 12 Lug. 2019 alle 16:09
Violenze urbane, uno studio sfata il mito del passante che non interviene

È uno dei più longevi miti urbani, forse il più longevo di tutti: “Se sei vittima di una violenza in strada, non aspettarti che qualcuno ti aiuti”. In altre parole, diversi studi hanno lungamente veicolato l’idea che, di fronte a episodi di violenze urbane, i passanti non interverrebbero e preferirebbero voltarsi dall’altra parte.

Uno studio portato avanti negli anni 60 arrivava così a dimostrare che i cittadini mancano di senso della comunità, tendono all’individualismo e non si aiutano a vicenda.

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A questo fenomeno di alienazione civica è stato dato il nome di bystander effect, cioè “effetto passante”, in virtù del quale sembrava che i passanti tendessero a delegarsi gli uni agli altri la responsabilità di intervento, con un conseguente effetto paralisi (“Non intervengo aspettando che sia qualcun altro a farlo, e se nessuno interviene, perché dovrei farlo io?”).

Mito sfatato. Un nuovo studio recentemente pubblicato sulla rivista Psychologist rivela dati molto diversi (e ben più incoraggianti). Secondo il nuovo studio, il famoso “effetto passante”, che certamente esiste, non sarebbe tuttavia affatto rappresentativo delle reali tendenze delle persone che abitano i centri urbani. Al contrario, la tendenza sembrerebbe opposta: quella di aiutare il prossimo. Il senso della comunità esiste. “Effetto buon samaritano“, lo si potrebbe chiamare per contrapposizione.

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Violenze urbane, uno studio sfata il mito del passante che non interviene| L’effetto “Buon Samaritano”

Lo studio è stato portato avanti grazie all’uso delle telecamere di sorveglianza di tre diverse città: Amsterdam (Paesi Bassi), Cape Town (Sudafrica) e Lancaster (Regno Unito). Le telecamere hanno filmato le immagini di più di 200 episodi di violenza e ciò che ne è emerso sfata l’annoso mito dell'”effetto passante”.

Risultato sorprendente: “In nove casi su dieci, almeno un passante interviene, per una media di 3,8 interventi“. Non si riscontrano inoltre rilevanti differenze di comportamento nelle diverse città, sebbene il livello di criminalità di Amsterdam non abbia nulla a che vedere con quello di Cape Town e Lancaster.

Osservando le immagini, i ricercatori hanno potuto stabilito la natura del conflitto, il numero delle persone coinvolte e dei testimoni oculari. “Lo studio stabilisce che si può dire che un passante interviene se compie un certo numero di gesti, come tentativi di rappacificazione, gesti per calmare l’assalitore fino a bloccarlo, spingerlo via e colpirlo”.

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Lo studio sfata il mito del bystander effect, rivelando che, al contrario, più passanti sono presenti durante una violenza urbana, più è alta la probabilità che uno di questi intervenga.

Si tratta di una scoperta di non poco conto che getta nuova luce sulle dinamiche sociali e sulla natura dell’individuo urbano.

Questo studio avvalora la tesi del criminologo urbano Patrick Sharkey, il quale attribuisce il fenomeno del Great Crime Decline (Grande Declino del Crimine) non tanto alla migliore qualità delle forze dell’ordine quanto al rafforzasi dei legami di vicinato.

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