Aborto in Italia, Laiga: “Negli ospedali c’è un abuso dell’obiezione di coscienza. La legge 174 deve essere difesa”
“In Italia negli ospedali c’è un abuso dell’obiezione di coscienza. La 194, che è un’ottima legge, va difesa con forza perché nelle strutture pubbliche aumenta il numero degli obiettori”. A parlare a TPI è la dottoressa Silvana Agatone, medico ginecologo e presidentessa della Laiga, la Libera Associazione Ginecologi per l’applicazione della legge 194/78, nata nel 2008 quando a Napoli una donna fu messa sotto inchiesta insieme al suo ginecologo non obiettore per essersi sottoposta a un aborto terapeutico per problematiche fetali. In quella occasione, la polizia fece irruzione nell’ospedale.
“L’obiezione deve riguardare solo l’atto di indurre l’aborto e invece è estesa a tutte le altre operazioni mediche. Così succede che il portantino decida di non condurre una paziente nella sala operatoria o la ferrista di non lavare i ferri perché si dichiarano entrambi obiettori. E il medico è solo”, prosegue Agatone. “Va in sala operatoria e non trova nessuno. E se c’è un imprevisto, se le donna muore, la colpa è sua e non di chi gli ha impedito di lavorare in un contesto di urgenza”.
Secondo l’ultimo rapporto del Ministero della Salute sulla 194, pubblicato a gennaio 2019, in Italia gli aborti sono calati del 5 per cento. Nel 2017 il totale delle Ivg è stato 80.733, dati che confermano un andamento in flessione del fenomeno: -4,9 per cento rispetto al dato del 2016 e -65,6 per cento rispetto al 1982, anno in cui si è osservato il più alto numero di Ivg in Italia, pari a 234.801 casi.
“Il grande difetto della relazione ministeriale è che non corrisponde alla realtà dei territori e non riporta la richiesta effettiva delle donne. La ricerca trae le sue conclusioni dalle schede compilate obbligatoriamente da ogni medico che effettua una Ivg”, spiega Agatone. “E siccome i medici non obiettori sono sempre di meno, e non è detto che vengano sostituiti quando vanno in pensione, diminuiscono le Ivg e le schede su cui si basa l’indagine. Meno aborti significa solo che ci sono meno medici non obiettori”.
Stando ai dati ministeriali, le percentuali più interessanti di calo si sono evidenziate in Liguria, Umbria, Abruzzo e nella provincia di Bolzano. La ricerca sottolinea che gli obiettori di coscienza sono quasi 7 su 10. Nel 2017 i ginecologi obiettori sono stati il 68.4 per cento contro il 70,9 per cento del 2016. Mentre tra gli anestesisti l’obiezione di coscienza si è fermata al 45.6 per cento e tra il personale non medico al 38,9 per cento.
Agatone, insieme ad altre tre ginecologhe non obiettrici, aveva scritto all’ex ministra della Salute Giulia Grillo, e lanciato una petizione online, per chiedere che quanto previsto dalla 194 sia garantito in ogni ospedale. Alla Grillo, inoltre, si chiedeva l’istituzione di una helpline, nazionale e gratuita, con un servizio di assistenza per informare e accompagnare le donne respinte da medici e ospedali obiettori in modo che possano ottenere l’Ivg.
“Nel Lazio a praticare l’aborto terapeutico siamo solo in sei. Tutti in età pensionabile e tutti a Roma”, prosegue la presidentessa della Laiga. “Nelle altre province non si pratica l’interruzione terapeutica di gravidanza. Può succedere che si usino ginecologi a chiamata, un costo in più pagato dai cittadini per un servizio che dovrebbe essere garantito per legge”.
Poi, c’è il problema della formazione e del contesto lavorativo. “Nelle scuole di specializzazione di ginecologia, spesso mancano medici non obiettori. Inoltre, i primari di Ostetricia e Ginecologia degli ospedali laici del Lazio sono affidati a medici che vengono da scuole cattoliche”, spiega Agatone.
“Un eventuale medico non obiettore subisce molta pressione psicologica e molti si adeguano per sopravvivere”, aggiunge. “Inoltre, a fare carriera è solo chi obietta”.
“I movimenti pro-vita sono organizzati e si stanno muovendo per fare sì che agli embrioni sia riconosciuto il diritto legale. E da qui alla fine della 194 il passo è breve”, sottolinea preoccupata. “Le regioni devono vigilare e garantire con rigore l’applicazione della legge. E tutti gli enti ospedalieri devono avere i mezzi per effettuare i due tipi di interruzioni di gravidanza. Dobbiamo farlo prima che torni il Medioevo perché assistiamo ovunque ad attacchi ai diritti delle donne”.
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