embra il finale di una commedia poliziesca, ma è tutto realtà. La “Cellula del Mariott” è stata condannata a 7 anni di carcere con l’accusa di aver fabbricato notizie false e tendenziose atte a sostenere la Fratellanza Musulmana, il movimento islamista nuovamente bandito dopo il ritorno dei militari al potere.
Non facendosi abbagliare dalla narrativa dominante che da un anno etichetta indistintamente i sostenitori della Confraternita come terroristi, la sentenza contro i componenti della cellula – tre giornalisti di Al-Jazeera arrestati in un albergo de il Cairo da dove cercavano di contattare alcuni islamisti – appare il frutto di un processo fabbricato ad arte per punire l’emittente qatarense.
Per mostrare la sua magnanimità alla comunità internazionale, il nuovo presidente Abdel Fattah al-Sisi potrebbe graziare gli imputati, due dei quali hanno in tasca un passaporto straniero. Ciononostante, la recente condanna è la cartina tornasole dell’ultimo giro di vite repressivo impresso dal “nuovo” regime egiziano alle – poche – voci stonate.
Conosciuta e invisa per l’indiscusso sostegno garantito alla Fratellanza anche quando questa ha mostrato il suo volto autoritario e violento, Al-Jazeera è stata la prima emittente oscurata dopo l’intervento militare dello scorso luglio.
Anche se la comunità internazionale ha alzato la voce solo ora, la morsa sulla libertà di espressione e di informazione è stata infatti una costante della politica del “nuovo” regime. I media continuano ad agire in un contesto storicamente illiberale e, soprattutto negli ultimi due anni, estremamente polarizzato.
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