La strage senza fine degli ambientalisti: l’attivista Maxciel Pereira dos Santos ucciso sotto gli occhi della moglie e della figlia
Continua la strage degli ambientalisti. E la parola strage non è usata nell’occhiello del pezzo per attirare lettori o per accendere facili indignazione: gli ambientalisti nel mondo, quelli che si espongono senza paura contro i poteri che godono del silenzio sul tema che ancora ammanta troppo i media e le classi politiche. Lo scorso giovedì è stato ammazzato Maxciel Pereira dos Santos, colpito da una raffica di pallottole mentre percorreva l’Aveniva de Amizade che collega Tabatinga con Leticia tra Perù e Colombia.
Dos Santos era membro della Fondazione Nazionale dell’Indigeno che protegge i popoli della foresta amazzonica e aveva denunciato con rigore le incursioni dei potentati alla ricerca di risorse tra i nativi che nella foresta hanno scelto di abitare in isolamento volontario. Il suo ufficio era una barca, la base Ituí-Itacoaí dove si erano moltiplicate le minacce e le aggressioni, ben quattro solo lo scorso anno, l’ultima lo scorso 19 luglio quando addirittura ci furono degli spari contro l’edificio. In Amazzonia accade molto di più degli incendi di cui si è molto parlato in queste settimane: le risorse depredate nel polmone del pianeta continuano ad avvenire con l’indifferenza della comunità internazionale.
La deforestazione nel mese di agosto è aumentata del 300 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso e l’Onu, per bocca del suo alto commissario per i diritti umani, l’ha definita “una catastrofe umanitaria”. Due giorni dopo in Guatemala è stata assassinata Diana Isabel Hernández Juárez, insegnante e coordinatrice di una parrocchia in Guatemala, anche lei da sempre in prima linea per i diritti e per la difesa ambientale. L’omicidio di Maxciel Pereira dos Santos è avvenuto mentre l’attivista era in sella alla sua moto, mentre sua moglie e la sua figliastra assistevano all’omicidio.
Sono gli ennesimi morti nel mondo dell’ambientalismo mentre il cambiamento climatico sta attanagliando le comunità di studiosi, mentre il pianeta continua a richiedere provvedimenti radicali e urgenti che vengono frenati dall’indolenza politica internazionale e dagli interessi particolari delle lobby del profitto. Eppure questi cadaveri per terra che oggi ci appaiono così lontani da noi, in quella parte del mondo che consideriamo lontana pur essendo identica nelle problematiche, sono il campanello d’allarme (che risuona ormai quotidianamente) di un conflitto che sarà molto più duro di quello che si può pensare. L’ambientalismo oggi non è un vezzo, no: è un’esposizione al cannibalismo e porta alla morte.
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