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Sesso, Aids e religione

Uno spot pubblicitario sull'Aids e sull'infedeltà coniugale accende la questione morale e ripropone vecchi tabù

Di Ernesto Clausi
Pubblicato il 8 Apr. 2013 alle 12:30

Due donne al mercato. Una si lamenta del marito, spesso ubriaco. La seconda le chiede come vada con “l’altro”, cosi lei lancia uno sguardo malizioso al fruttivendolo lì vicino, lasciando intendere che sia lui il suo amante.

“E con lui usi il preservativo?”

Silenzio. E imbarazzo. Mentre arriva ad abbracciarla, correndo, la figlia appena uscita da scuola.

Quindi il messaggio finale in sovraimpressione: “”Weka Condom Mpangoni”, “usa il preservativo”. (nel video sopra lo spot in questione)

E’ lo spot pubblicitario rientrante nell’ultima campagna di sensibilizzazione sull’Aids e sull’uso del preservativo in Kenya.

Apparso in tv nelle scorse settimane, ha diviso l’opinione pubblica ed è stato poi bloccato su richiesta delle principali autorità religiose cristiane e islamiche, che ne hanno condannato la messa in onda. Perchè anzitutto promuoverebbe l’infedeltà coniugale.

“Dipinge questo Paese come Sodoma e Gomorra” ha dichiarato Sheikh Khalifa Muslim, segretario del Council of Imams and Preachers of Kenya, principale organizzazione musulmana in Kenya.

Negli stessi termini si è espresso il vescovo della Chiesa Anglicana Julius Kalu: “Ci sono modi migliori di sensibilizzare l’opinione pubblica. Questo messaggio esalta l’immoralità”.

Inoltre John Njue, direttore della Kenya Episcopal Conference ha ricordato la posizione della Chiesa Cattolica, contraria all’utilizzo di metodi contraccettivi.

Lo spot è andato in onda negli orari di punta, causando le rimostranze di molti genitori. E dell’ala più conservatrice della società kenyota.

Porta la firma del Ministero della Salute con la sponsorizzazione di USAid, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale.

Un messaggio diretto, che rompe le barriere dell’ipocrisia. In un Paese in cui circa 1,6 milioni di persone sono sieropositive, stando ai dati pubblicati dalle Nazioni Unite, le ultime ricerche rivelano un’elevata percentuale di infedeltà coniugale. Anche femminile.

Il National Aids Control Council ha infatti lanciato questa campagna pubblicitaria dopo la pubblicazione del rapporto Kenya AIDS epidemic update 2012.

Che ha evidenziato come la tendenza a contrarre il virus dell’HIV sia in crescita tra le coppie. Il dato più sorprendente (e allarmante ) è che quasi la metà (44,1 per cento) delle nuove infezioni sono state riscontrate nell’ambito di relazioni stabili e di lungo termine, matrimonio compreso. Le coppie sposate avrebbero in Kenya una probabilità tre volte maggiore di contrarre l’HIV rispetto alle prostitute. E il doppio rispetto a chi ha rapporti occasionali.

Peter Cherutich, a capo del National Aids and STI (sexually transmitted infections) Control Programme, ha difeso lo spot ed ha pragmaticamente affermato: “E’ acclarato che ci siano donne che hanno relazioni extraconiugali, questo Paese non può continuare a tenere la testa sotto la sabbia”.

Una realtà che non si può fingere di non vedere. Ma L’argomento è ancora un tabù. Il confine tra moralità e ipocrisia è labile, in un continente afflitto da decenni dalla piaga dell’Aids.

Le stime parlano di un quarantacinque per cento circa di persone sieropositive che convivono con un partner sano. E un’indagine del 2009 fa dimostrava come quattro persone su cinque non fossero consapevoli della propria sieropositività: è facile comprendere la gravità e la portata del problema.

Il dibattito resta comunque acceso. Soprattutto sui social network. Dove si parla di “espediente” per vendere più preservativi, di buona morale e condotta di vita, e di timor di Dio. Qualcuno (per fortuna) parla anche di salute e prevenzione.

Il tutto mentre si prevede un ridimensionamento dei finanziamenti internazionali nella lotta contro l’Aids.

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