Sbarchi fantasma migranti in Sicilia | In gommone dalla Tunisia a Marsala | Chi sono e da dove arrivano i migranti degli sbarchi fantasma | Il viaggio | L’organizzazione criminale | I sospetti jihadisti | Il contrabbando di sigarette | Le intercettazioni | Operazione Scorpion Fish 2
Un’organizzazione criminale che gestiva i cosidetti sbarchi fantasma dalle coste della Tunisia a quelle della Sicilia è stata smantellata dalla Guardia di Finanza martedì 10 aprile 2018. Gli sbarchi avvenivano su dei gommoni “di lusso” ben diversi dai barconi carichi di migranti che attraversano il Mediterraneo dalla Libia per arrivare in Italia.
L’operazione riguarda anche, secondo le forze dell’ordine, sospetti jihadisti. Sono state pubblicate infatti alcune intercettazioni che fanno emergere qualche possibile elemento di legame di alcuni dei componenti di questa organizzazione criminale con l’estremismo islamico.
Nell’ambito dell’operazione Scorpion Fish 2, che segue un’indagine simile conclusasi a luglio 2017, sono state arrestate 13 persone, che ora risultano indagate per i reati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento all’immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi, con l’aggravante della transnazionalità. Sono state inoltre eseguite perquisizioni a Palermo, Marsala e Mazara del Vallo, nella Sicilia occidentale.
In gommone dalla Tunisia a Marsala
Il colonnello Francesco Mazzotta della Guardia di Finanza di Palermo, contattato telefonicamente da TPI, spiega che “bisogna rimarcare la differenza tra questo flusso e quelloche arriva dalla Libia sui barconi”.
Nel caso degli sbarchi fantasma, la GdF parla di una vera e propria “autostrada del mare”.
“È un ponte di collegamento veloce riservato a pochissime unità, che sono disposte a spendere molto di più di quello che spendono i migranti che arrivano in Italia con i barconi”, spiega il colonnello.
Il costo della traversata si aggira infatti tra i 2mila e i 5mila euro, ed è quindi dieci volte superiore a quanto i migranti pagano per un viaggio dalla Libia a bordo delle cosidette “carrette del mare”.
Ma a distinguere gli sbarchi fantasma dal viaggio dei migranti sui barconi non è solo il mezzo con cui la traversata viene compiuta o il costo.
La differenza principale è che, mentre chi arriva a bordo di un barcone prova a mettersi ripetutamente in contatto con le organizzazioni internazionali che si occupano di soccorsi in mare, o con le forze di polizia schierate nel Mediterraneo con le proprie unità navali per il soccorso ai migranti, questo tipo di flusso migratorio invece tende a sfuggire ai controlli e alle procedure di identificazione.
Chi sono e da dove arrivano i migranti degli sbarchi fantasma
Nel caso dell’organizzazione criminale sgominata dalle forze dell’ordine, il reclutamento dei soggetti che avrebbero dovuto compiere la traversata veniva gestita dai membri residenti in Tunisia.
“Loro reclutavano i soggetti da trasferire in Italia, raccoglievano i soldi per le trasferte e recuperavano le sigarette di contrabbando da portare nel nostro paese”, ha detto a TPI il colonnello Mazzotta.
Proprio per le caratteristiche specifiche di questo tipo di traversata, i passeggeri che arrivano attraverso gli sbarchi fantasma spesso sono soggetti con gravi precedenti penali a loro carico nei loro paesi d’origine.
“Parliamo di maghrebini che sfuggono o cercano di sfuggire, attraverso queste traversate, alle attività investigative svolte dai loro paesi”, spiega il colonnello della Guardia di Finanza. “E soprattutto non si può sottovalutare il rischio che tra loro ci siano soggetti che abbiano contatti con il terrorismo di matrice religiosa”.
Il viaggio
La traversata era organizzata attraverso la cooperazione di un soggetto sulla costa tunisina e uno sulla costa siciliana.
Le imbarcazioni partivano dalla costa vicino la città di Kelibia, nel nord della Tunisia, o da Sfax, nella parte più a sud, e arrivavano sino alle coste del trapanese-agrigentino, con il loro carico di migranti e sigarette di contrabbando.
“La zona interessata dagli sbarchi è in particolare quella che va da Marsala alla foce del fiume Belice, nei pressi del territorio di Sciacca”, spiega il colonnello Mazzotta.
Quel tragitto non sempre viene attraversato da gommoni. Sulle coste siciliane, infatti, vengono abbandonate anche imbarcazioni di legno con un piccolo motore.
Altri membri dell’organizzazione stabilmente residenti in Italia, per lo più soggetti di origine maghrebina, tunisini e marocchini, ma anche alcuni italiani, si occupavano, una volta arrivato il gommone in Italia, di recuperare i migranti attraverso un servizio navetta.
“Sapevano dove sarebbe approdato il gommone perché erano in contatto telefonico”, spiega Mazzotta. “Li conducevano presso dei locali a loro disposizione per farli rifocillare, vestire e lavare. Poi li accompagnavano presso stazioni dei treni e autolinee, per metterli in libertà sul territorio”.
“Un altro membro del gruppo, che avevano già arrestato in precedenza, era residente a Pantelleria e aveva il delicato compito di avvisare l’organizzazione se vi fossero stati dei controlli in mare”, prosegue il colonnello. “Questo consentiva loro di evitare di partire una sera in cui poteva esserci rischio di venire intercettati”.
L’organizzazione criminale
Il gruppo criminale smantellato nell’operazione aveva un’organizzazione tale da riuscire a intervenire in mare in caso di avaria dei gommoni.
“In uno dei primi sbarchi che abbiamo ricostruito attraverso le nostre attività investigative di contrasto materiale all’immigrazione clandestina”, racconta Mazzotta, “abbiamo capito che, in concomitanza con l’avaria di un gommone in mezzo a dieci miglia da Marsala, dove noi ci eravamo precipitati per intercettare l’imbarcazione, questa organizzazione si era già mossa affinché uscisse da un porto del marsalese un’unità di supporto”.
I sospetti jihadisti
In questa tranche dell’indagine Scorpion Fish, la Guardia di Finanza ha rilevato “possibili punti di contatto di alcuni degli appartenenti all’organizzazione criminale con il mondo del terrorismo internazionale di matrice jihadista”.
Mazzotta spiega che “questo si capisce chiaramente da una intercettazione in cui un membro dell’organizzazione criminale, riferendosi al promotore dell’organizzazione stessa, gli rappresenta la sua volontà di recarsi in Francia”, ove avrebbe compiuto “azioni pericolose a seguito delle quali avrebbe potuto non fare ritorno”, invitando pertanto l’interlocutore a pregare per lui.
“Il tenore stesso della telefonata pone qualche serio dubbio sulla possibile riferibilità del soggetto ad ambienti terroristici”, dice Mazzotta. “Da questa intercettazione e da altre che abbiamo raccolto nel corso dell’indagine abbiamo capito che vi era la potenziale riferibilità di questo soggetto ad ambienti di questo tipo”.
Un altro sodale di questa organizzazione criminale, secondo gli inquirenti, aveva invece diversi profili sui social, intestati a nomi di fantasia, in cui lo stesso postava filmati e fotografie inneggianti alla jihad islamica.
Entrambi i soggetti sono stati fermati e risultano indagati, ma non per reati di terrorismo, perché, sempre secondo il colonnello della GdF, “non abbiamo avuto altri elementi chiari e convergenti che potessero ricondurre a questi soggetti specifiche responsabilità in materia di terrorismo”.
“Rimane sullo sfondo la possibilità, come scritto dai magistrati nel provvedimento di fermo, che questa autostrada del mare, proprio per le sue caratteristiche fisiche, venga sfruttata da soggetti che possano appartenere ad ambienti terroristici di matrice religiosa”, puntualizza l’ufficiale.
Il contrabbando di sigarette
Le sigarette trasferite in Italia dall’organizzazione criminale erano destinate al mercato palermitano, attraverso una fitta rete di vendita al minuto organizzata dall’unica cittadina italiana arrestata nell’operazione del 10 aprile.
“Esisteva una rete di soggetti coordinati e controllati da questa donna che si occupava di vendere i tabacchi lavorati esteri nei mercati rionali di Palermo”, spiega il colonnello Mazzotta.
La donna arrestata è Adele Micalizzi, moglie del boss di Brancaccio Cosimo Geloso.
“Si tratta di un soggetto che ha delle connessioni soggettive (dei rapporti di parentela) con soggetti gravati da precedenti per mafia e che quindi ci fanno sospettare che l’attività di contrabbando potrebbe essere riferibile anche ad ambienti criminali autoctoni”, dice Mazzotta. “Però devo precisare che in questa indagine non facciamo nessuna contestazione né per reati di mafia né per reati aggravati dal metodo mafioso, quindi questo è ancora un aspetto al quale si sta lavorando”.
Di seguito i video diffusi dalla Guardia di Finanza di Palermo-Trapani con alcune delle intercettazioni e sull’operazione Scorpion Fish 2: