La maggior parte degli abitanti di La Guajira, nel nord della Colombia, appartiene alla popolazione indigena degli Wayùu, una comunità che sta letteralmente morendo di sete sotto lo sguardo indifferente di un Paese incapace di far fronte all’emergenza.
Negli ultimi anni la mancanza di acqua ha stroncato la vita di circa 5.000 bambini, secondo Javier Rojas, il rappresentante legale dell’Asociación de Autoridades Tradicionales Indígenas Wayúu Shipia Wayúu, l’associazione che si batte per i diritti della comunità indigena. Lo scorso 22 maggio un bambino di tre anni è tragicamente morto per denutrizione, altra grave piaga che attanaglia la regione, sommandosi al dato agghiacciante delle morti bianche.
Le oltre 400mila persone che fanno parte della comunità sono costrette da oltre dieci anni a vivere ogni giorno senz’acqua, a temperature che spesso oscillano tra i 35 e i 42 gradi.
Eppure, ad aver distrutto l’equilibro biologico della regione non è la siccità quanto la tanto spesso ignorata azione dell’uomo sul territorio. A seguito della costituzione di un’impresa dedita allo sfruttamento minerario, le acque del fiume Ranchería, che attraversa la regione, vengono adibite esclusivamente all’estrazione del carbone, privando gli abitanti delle garanzie di accesso a una risorsa fondamentale per l’essere umano.
Il caso è stato esaminato dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH), che ha fatto richiesta al governo colombiano di esporre le misure prese per accorrere in soccorso ai membri della comunità indigena con il fine di far fronte alla grave crisi alimentare che ha travolto La Guajira.
Il giornalista colombiano Gonzalo Guillén, noto per le sue inchieste sui casi di corruzione che in pochi hanno avuto il coraggio di denunciare, ha deciso di raccontare con un documentario la triste storia degli Wayùu: il riflesso di un governo miope di fronte alla mostruosa evidenza dello sterminio di un’intera comunità.