È partita l’ironia sulla rete: l’ennesimo Papa – Paolo VI – a salire agli onori degli altari (per la cronaca, la data è il 19 ottobre). Per un Pontefice come Bergoglio che vuole sclericalizzare la Chiesa sembra quasi una contraddizione.
Di certo è contata la “forza” di chi ha voluto le canonizzazioni di Roncalli e soprattutto quella lampo di Wojtyla (con tutte le polemiche che l’hanno accompagnata), ma conta anche un fatto essenziale che in molti sembrano dimenticare.
La Chiesa cattolica da Pio XII in avanti (si avete letto bene…) ha avuto “leadership” di altissimo livello. Nessun’altra istituzione ha potuto contare dal ‘900 in poi di una capacità di rinnovamento in linea con i bisogni della Chiesa e contemporaneamente così capace di mettersi in contatto con il mondo circostante, di capirlo.
Solo due pontefici hanno goduto di una “cattiva stampa”, principalmente (ma ovviamente non solo) per motivazioni ideologiche. I Papi in questione sono ovviamente Pio XII e Benedetto XVI, i quali tuttavia sono assai migliori di come vengono dipinti, assai più corposi teologicamente e spiritualmente di quanto non dicano i media mainstream. Se su Pio XII pesa la “leggenda nera” circa le sue colpe sullo sterminio ebraico (eppure esponenti coevi dell’ebraismo e del sionismo gli rivolsero parole affettuose, come mai?), su Benedetto XVI pesa una oggettiva difficoltà ad uscire dal ruolo del professore e ad entrare in quello del pastore.
Alcuni fraintendimenti sono stati voluti dalla stampa (si veda Ratisbona) e l’episodio del gruppo di fanatici laicisti che non gli ha permesso di intervenire all’inaugurazione dell’anno accademico de La Sapienza (quella di Bonifacio VIII, per dire) rappresenta più un fattaccio che una colpa. Per il resto, Jospeph Ratzinger resta un maestro di pensiero, e di confronto dialettico tra fede e ragione. Una persona da cui dissentire, ma non da denigrare. E soprattutto, un interprete – a suo modo – dello stesso Concilio.
Solo un Papa capace di vedere nel suo ministerio non un principio assolutamente monarchico (come dicono i Tradizionalisti) ma un servizio ad una comunità, poteva fare il gesto (impensabile!) di dimettersi. Francesco oggi ha una libertà (e dopo di lui i suoi successori) incredibile: potrà restare fino alla propria morte oppure ritenere utile di farsi da parte. Una possibilità che gli permette di affrontare il ministerio con maggiore frutto, consapevole di poter rompere resistenze oppure di superare le proprie difficoltà senza che la Chiesa nel suo complesso abbia a risentirne.