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La prigione a cielo aperto per i migranti sull’isola di Nauru, nel Pacifico

La denuncia arriva da un nuovo rapporto di Amnesty International, che accusa il governo australiano di commettere abusi e violazioni dei diritti umani sull'isola

Di TPI
Pubblicato il 18 Ott. 2016 alle 14:00 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 08:36

Un nuovo rapporto di Amnesty International rivela che il governo australiano sottopone i rifugiati e i richiedenti asilo che si trovano nel suo territorio a un complesso e crudele sistema di abusi, assolutamente contrario al diritto internazionale, allo scopo di tenere queste persone lontano dalle coste del paese.

Il rapporto, dal titolo “L’isola della disperazione: come l’Australia tratta i rifugiati a Nauru”, è stato pubblicato dall’organizzazione non governativa lunedì 17 ottobre.

Basato su mesi di ricerche e realizzato su un campione di oltre cento persone intervistate sull’isola di Nauru e in Australia, il documento ha definito le procedure adottate dal governo australiano contro i rifugiati come un deliberato e sistematico regime di crudeltà.

“A Nauru il governo australiano gestisce una prigione a cielo aperto il cui scopo è di infliggere la sofferenza necessaria a indurre alcune delle persone più vulnerabili al mondo a smettere di cercare rifugio in Australia”, ha dichiarato Anna Neistat, a capo delle ricerche sulle violazioni dei diritti umani per conto di Amnesty International, una delle poche persone che sono riuscite a mettere piede sulla remota e impenetrabile isola per investigare sugli abusi.

Dal canto suo, il governo australiano difende queste politiche definendole come un modello da imitare. Lo ha sottolineato più volte il primo ministro australiano Malcolm Turnbull durante il summit delle Nazioni Unite sui rifugiati tenutosi lo scorso 19 settembre.

“La politica del governo australiano è esattamente il contrario di quello che i paesi dovrebbero fare. È un modello che minimizza la protezione e massimizza il danno fisico. L’unica direzione in cui l’Australia sta dirigendo il mondo in materia di rifugiati è verso il fondo di un precipizio”, ha commentato ancora Neistat.

Il rapporto dell’Ong mette in luce come il governo abbia speso miliardi di dollari australiani per creare e mantenere un sistema offshore – ovvero un meccanismo di identificazione esterno ai confini territoriali del paese – intrinsecamente abusivo per esaminare le posizioni dei richiedenti asilo.

Secondo fonti ufficiali, il sistema – in vigore oltre che a Nauru anche sull’isola di Manus, nella Papua Nuova Guinea – è costato 573mila dollari australiani (poco meno di 400mila euro) a persona all’anno.

Buona parte di questo denaro è stato speso in contratti con aziende, molte delle quali hanno acconsentito a cessare la loro produzione sull’isola di Nauru. Tuttavia, molti dipendenti di queste attività commerciali hanno deciso di denunciare la disperata situazione dell’isola, e per questo rischiano procedimenti penali.

—LEGGI ANCHE: L’isola dove l’Australia spedisce i rifugiati che non vuole

Abbandonati dal governo australiano e confinati nelle isole di Nauru e Manus, i richiedenti asilo e i rifugiati sono diventanti il bersaglio di angherie e violenze da parte della popolazione locale, ha denunciato Amnesty International.

Dalle ricerche sono emersi decine e decine di casi di aggressioni, tra cui alcune di natura sessuale, ma nessun cittadino nauruano è stato incriminato per questi atti. 

Al contrario, a essere arrestati e imprigionati in maniera arbitraria sono proprio i richiedenti asilo e i rifugiati. “Si tratta di una prassi intimidatoria comune sull’isola”, ha raccontato un residente. 

Tra le testimonianze raccolte dal team di ricercatori c’è quella di Hamid Reza Nadaf, un rifugiato iraniano che ha raccontato di essere rimasto imprigionato dal 3 giugno al 7 settembre 2016, sulla base di prove chiaramente fabbricate, con ogni probabilità come punizione per aver scattato delle foto all’interno del centro per l’esame dei richiedenti asilo. 

Durante i tre mesi trascorsi in prigione, il figlio di otto anni di Nadaf, affetto da tubercolosi, è stato lasciato completamente solo. 

Le autorità di Nauru hanno arrestato perfino richiedenti asilo e rifugiati che avevano compiuto atti di autolesionismo. “È un circolo vizioso: le persone cercano di porre fine alla propria vita per sfuggire alla disperazione, ma si ritrovano dietro le sbarre, gettate in una prigione dentro una prigione”, ha spiegato Neistat.

Coloro che soffrono di disturbi mentali sono in netto aumento. Non solo gli adulti, ma anche i bambini hanno manifestato forme di squilibrio mentale. Secondo l’ordine degli psichiatri australiani e neozelandesi è innegabile che la detenzione a tempo prolungato o indeterminato abbia un effetto devastante sulla psiche umana. 

Inoltre, le persone affette da disturbi mentali non ricevono alcun tipo di cura o sostegno psicologico. A tal proposito, Amnesty International ha raccolto la testimonianza di una donna iraniana fuggita dal suo paese con il marito e la figlia di tre anni, che ha raccontato di soffrire di depressione ma che “a quelli non interessa”. 

Anche la sua bambina ha sviluppato problemi di salute mentale durante i 18 mesi trascorsi in una tenda sul territorio australiano. Dopo aver concluso che la piccola soffriva di disturbi mentali, il medico che l’ha visitata le ha prescritto farmaci inadatti ai bambini. Quando i genitori hanno protestato, l’uomo ha risposto: “Se non vi sta bene, tornatevene al vostro paese”. 

La questione dei rifugiati dell’Isola di Nauru in cifre:

– Nauru conta una popolazione di 10mila abitanti. Con la presenza di 1.159 tra richiedenti asilo e rifugiati, è il terzo paese al mondo per il rapporto tra rifugiati e abitanti.

– Dei 1.159 rifugiati e richiedenti asilo, 410 si trovano all’interno del cosiddetto “Centro di trattamento regionale” (RPC), e 749 vivono al di fuori della struttura. Inoltre, 173 tra questi sono bambini (134 dei quali rifugiati e 39 richiedenti asilo). A Nauru, il sistema di protezione dei minorenni è praticamente inesistente. 

– L’isola si estende per una superficie totale di soli 21 chilometri quadrati. 

– Il costo della politica di deterrenza – fatta di respingimenti, valutazione offshore e detenzioni obbligatorie – per il periodo 2013-2016 è stato stimato essere di 9,6 miliardi di dollari australiani (oltre 6,64 miliardi di euro), non tenendo conto delle spese legali a seguito di denunce, delle revisioni in appello e delle inchieste da parte di ispettori e agenzie nominati dal governo.

– Secondo l’ufficio studi del parlamento australiano, il sistema di valutazione offshore in vigore a Nauru e sull’isola di Manus costa ogni anno 573mila dollari australiani a persona (quasi 400mila euro).

– La maggior parte dei richiedenti asilo e dei rifugiati arriva dall’Iran. Molti altri sono apolidi, e altri ancora provengono dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalla Birmania, dal Pakistan o dallo Sri Lanka. 

– Secondo alcune fonti interne citate dall’organizzazione non governativa, la maggior parte dei 40 bambini detenuti nel Centro di trattamento regionale è affetta da tubercolosi. 

(Qui sotto la posizione sulla cartina geografica dell’isola di Nauru. Credit: GoogleMaps)

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