Era il 17 dicembre del 2010, sei anni esatti fa, quando Mohamed Bouazizi, un ragazzo tunisino di 26 anni, venditore ambulante a Sidi Bouzid, si diede fuoco per protestare contro le angherie che subiva da anni da parte delle forze dell’ordine.
Quella mattina, infatti, la polizia gli aveva sequestrato il carretto e i prodotti ortofrutticoli che aveva acquistato il giorno prima, contraendo un debito, per rivenderli. Bouazizi si era così ritrovato senza mezzi di sostentamento e non aveva certo il denaro per pagare ai funzionari una bustarella che gli avrebbe fatto riottenere carretto e merci.
Disperato e umiliato – un’agente donna pare che lo avesse persino schiaffeggiato, ma lei ha sempre negato -, Bouazizi si era recato presso gli uffici del governatore per protestare e ottenere indietro almeno la propria bilancia. Il governatore si era rifiutato di riceverlo, nonostante l’uomo avesse minacciato di darsi fuoco.
E così ha fatto. Bouazizi si è recato alla più vicina stazione di servizio, ha riempito di benzina una tanica, se l’è rovesciata addosso e ha gridato: “Come pretendete che mi guadagni da vivere?”, prima di accendere un cerino e darsi alle fiamme in mezzo alla strada, poco prima di mezzogiorno.
Ma Bouazizi non ha innescato solo quell’incendio. Il giovane venditore ambulante tunisino ha dato il via, con il suo gesto estremo, alla Rivoluzione dei Gelsomini, la rivolta tunisina che il 14 gennaio 2011 ha portato alla deposizione del presidente Ben Ali, l’uomo che nel 1987 aveva soppiantato Habib Bourguiba in un colpo di stato senza spargimenti di sangue.
Bouazizi non ha vissuto tanto da vedere come, proprio grazie a lui, i suoi connazionali hanno avviato la Primavera araba, né ha potuto vedere la Tunisia trasformarsi. È morto in ospedale il 4 gennaio 2011.