Dopo oltre cinquant’anni trascorsi a fabbricare notizie, per un giorno, lei stessa è diventata la notizia: Barbara Walters si ritira. Succederà a maggio del 2014.
Questa indiscrezione, nell’aria da diversi mesi, ha trovato conferma solo adesso e una volta diventata realtà ha invaso le redazioni dei media americani. Per le televisioni è un’ultim’ora che irrompe nella programmazione. Abc (la sua rete), Cbs, Nbc e tutte le all news srotolano sul palinsesto ore e ore di immagini della grande giornalista e la conduttrice della Cnn sottolinea orgogliosa: “È anche grazie a lei se io sono qua”.
Sono le donne americane del piccolo schermo a portare il tributo più grande a Barbara Walters, perché è stata la prima anchorwoman della televisione. In un mondo duro, osteggiata dai suoi colleghi uomini è riuscita a conquistare la vetta dell’informazione e aprire la strada a tutte quelle, che come lei, sognavano di impastare e raccontare le notizie.
La sua scalata al successo incomincia nel ’61. Il primo contrato è una collaborazione con la Nbc. Lavora come assistente al programma Today Show. In pochi mesi diventa l’inviata di punta e dal ’64 presenza femminile fissa dell’emissione, la “Today Girl”.
A mezzo secolo di distanza dal fortunato esordio Barbara Walters ricorda: “Nessuno poteva essere più sorpreso di me dalla scelta di affidarmi il ruolo di co-conduttrice”, titolo che le sarà riconosciuto solo nel ’74. “Non ero bella e avevo problemi a pronunciare la “erre”. E a dire la verità, ce li ho ancora!”
Per undici anni entra nelle case degli americani con un sorridente buongiorno affiancata prima da Hugh Downs, famoso per la sua battuta di chiusura “We’re in touch, so you be in touch”, “Siamo collegati, quindi siete collegati”, e poi, dal ’71, da Frank McGee. Anche quest’ultimo ossessionato dal voler l’ultima parola dello show, nella speranza di trovare quella formula magica in grado di renderlo indimenticabile al telespettatore, come fu “Good night and good luck” per Edward R. Murrow.
Il divario tra Barbara e il suo alter ego maschile a quel tempo è ancora enorme. Le è concesso trattare solo temi leggeri e soprattutto non può interpellare gli ospiti importanti finché lui non ha finito con le domande. Ma è in quegli anni che affina la tecnica di intervistatrice e finalmente nel ’72 le viene riconosciuta quell’autorevolezza necessaria per trattare con credibilità argomenti di primo piano. A febbraio è lei a seguire per la Nbc lo storico viaggio del presidente Richard Nixon in Cina. La prima missione della stella in ascesa del giornalismo inizia con un disguido. Dirck Halstead, fotografo del Time al seguito del presidente, racconta divertito che “a volare verso Pechino erano due aerei, uno TWA e uno Pan Am. Sul primo c’erano le grandi firme dei media americani, sul secondo i fotografi, gli operatori e tutto il materiale tecnico. Non si sa perché ma Barbara Walters fu imbarcata sul Pan Am. Tenne il broncio fino all’arrivo camminando nervosamente avanti e indietro per i corridoi dell’aereo.”
Passato l’inconveniente arriva la gloria. Nel ’75 vince il primo Emmy della carriera. Ne seguiranno altri undici. L’anno dopo firma per un milione di dollari, cifra senza precedenti, un contratto con l’Abc e diventa la prima anchorwoman a condurre una fascia serale. Il 76 dev’essere il suo numero fortunato, quell’anno la Walters viene chiamata a moderare il terzo e ultimo dibattito tra il presidente in carica, Gerald Ford, e il contendente, Jimmy Carter, in vista delle elezioni.
Il successo è immenso. Tra le sue colleghe donne aumentano le invidie e cresce la rivalità con gli uomini. La carta vincente è il metodo, costruito nel tempo, con cui intervista i suoi personaggi.
Trentasette lunghi anni è durato il sodalizio tra Barbara Walters e l’Abc, culminato da successi come 20/20 e The View, e ingaggi stellari, quello del 2000 segnò la cifra record di 12 milioni di dollari l’anno.
Poi ieri sera la fine. L’annuncio già anticipato in giornata, durante la trasmissione, davanti al suo pubblico e al parterre delle grandi occasioni arriva sui titoli di testa: “Sono andata in onda almeno cinquant’anni, non sono sul viale del tramonto e sono assolutamente felice della mia decisione”.
Dopo aver fatto la storia della televisione, è ancora suo il record di 74 milioni di telespettatori per l’intervista più vista di sempre, quella con Monica Lewinsky. A ottantatré anni la Signora del Giornalismo americano, e quindi mondiale, inizia l’ultimo giro di calendario prima della grande uscita di scena. Ha intervistato i potenti della terra, la vecchia e la nuova Hollywood, chiunque sia stato più personaggio che persona e per ognuno di loro ha conservato un ricordo, un aneddoto. Sadat, il presidente egiziano, fu il personaggio che la colpì di più perché cambiò il corso della storia, Yasser Arafat le regalò una kefiah, suo marchio di fabbrica, autografata. Sarebbe stato un cimelio da conservare nel tempo se la sua cameriera non l’avesse lavata credendola sporca.
Ma qualcuno ha fatto di più: Margaret Thatcher, persa nel suo ruolo di ex premier. Durante un’intervista le disse: “Quando guardo il telegiornale se succede qualcosa penso: devo chiamare l’Onu, oppure devo andare lì, oppure devo fare quello…Poi realizzo, non tocca più a me”. Quella di allora fu solo una frase, adesso per Barbara Walters e per tutti quelli che come lei trasformano il lavoro prima in passione poi in missione, è un insegnamento.
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