Il ministro australiano per l’Immigrazione Peter Dutton ha dichiarato che la polizia dell’isola di Christmas, territorio amministrativamente dipendente dall’Australia, ha utilizzato la forza per fermare la rivolta scoppiata domenica 8 novembre nel centro di detenzione per rifugiati.
I disordini sono iniziati quando un migrante prigioniero ha perso la vita. I detenuti hanno cominciato uno scontro a fuoco e si sono divisi in fazioni, proteggendosi dietro a barricate improvvisate.
Le autorità hanno dovuto utilizzare il gas lacrimogeno per sedare gli scontri, ma ancora non è chiaro se siano stati sparati proiettili di gomma o meno. La polizia carceraria ha dovuto chiamare rinforzi, nella giornata di martedì 10 novembre, per riuscire a porre fine alla rivolta.
L’isola di Christmas – insieme all’isola di Manus, nella Papua Nuova Guinea, e Nauru nel sud Pacifico – è una delle isole utilizzate dal governo australiano per bloccare il flusso di migranti in arrivo nel Paese.
Anche se la pratica di inviare i richiedenti asilo che arrivano illegalmente in Australia sulle isole e di rinchiuderli in centri detentivi è fortemente contestata, al momento l’isola di Christmas ospita 203 detenuti. Oltre ai migranti, anche i cittadini stranieri che hanno compiuto crimini sul suolo australiano sono rinchiusi nelle strutture dell’isola.
L’organizzazione non governativa Human Rights Watch a luglio 2015 ha denunciato le condizioni dei campi di detenzione dell’isola di Manus, sostenendo che violino i diritti umani. A inizio novembre alcuni detenuti hanno pubblicato le foto di denti umani rinvenuti nel cibo della mensa del centro per rifugiati di Manus.