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Matatibu

Un'applicazione sullo smart phone per combattere la malaria. E' il programma elaborato da quattro studenti in Uganda

Di Ernesto Clausi
Pubblicato il 25 Apr. 2013 alle 13:29

Un software che consentirebbe di diagnosticare la malaria senza ricorrere al tradizionale prelievo di sangue. Inoltre, con la stessa rivoluzionaria applicazione sarebbe automaticamente rintracciabile il centro più vicino per il trattamento sanitario.

Josiah Kavuma, Brian Gitta, Joshua Bujjo e Simon Lubambo hanno presentato “matatibu” nel corso della Imagine Africa Cup smart phone applications competition presso la Makerere University di Kampala.

L’Imagine Cup è una competizione promossa dalla Microsoft, che da dieci anni premia gli studenti migliori nel campo della tecnologia. A luglio i quattro studenti parteciperanno alle finali mondiali di S. Pietroburgo, in Russia. Lo scorso anno a vincere fu un team ucraino, con un paio di guanti dotati di sensori e un microprocessore che riconosce e identifica il linguaggio dei segni. I movimenti, trasmessi via bluetooth ad uno smart phone, vengono automaticamente tradotti in un messaggio audio. Provenienti dalla stessa Makerere University, quattro studenti presentarono invece l’applicazione per smart phone WinSenga (Senga significa “zia”), che accerta gravidanze ed eventuali malformazioni fetali.

Matatibu, il progetto presentato pochi giorni fa in Uganda, consentirebbe al Ministero della salute di monitorare più facilmente i casi di malaria nel Paese. Una diagnosi tempestiva è indispensabile per determinare una terapia idonea. E ridurre il tasso di mortalità e i costi sanitari.

La diffusione della malattia è inesorabilmente legata alla povertà. Ed è presente in misura maggiore nelle aree rurali, dove spesso chi è colpito dal parassita non può andare all’ospedale, e sottoporsi al metodo classico, cioè l’analisi del sangue, che richiede la presenza di un medico, un prelievo, un esame al microscopio, oppure un test degli antigeni.

Intanto oggi ricorre il World Malaria Day. L’Organizzazione mondiale della sanità stima in circa seicentosessantamila il numero di morti all’anno per malaria. La maggior parte di essi ha un’età inferiore ai cinque anni.

Nel 2010 sono stati dichiarati duecentodiciannove milioni di casi di malaria, di cui nove su dieci in Africa. Il quaranta per cento delle morti avviene in Nigeria e Repubblica Democratica del Congo. Nel sud-est asiatico è l’India, con circa ventiquattro milioni di casi all’anno, a detenere il triste primato di Paese maggiormente affetto.

Nel campo della ricerca, in assenza di un vaccino efficace e impiegabile su larga scala, continuano a essere proposte nuove soluzioni.

Qualche anno fa, in California, una borsa di studio fornita dalla Bill e Melinda Gates Foundation finanziò il progetto “Maliva”, un chewing gum che rileverebbe la presenza della malattia, dopo averlo masticato.

Ieri la commissaria europea alla ricerca e all’innovazione Maire Geoghegan-Quinn ha annunciato che sarà presto sperimentato “Nanomal”, progetto co-finanziato dall’Unione Europea, e che si serve delle recenti nanotecnologie per la diagnosi. “L’Unione Europea” ha dichiarato la commissaria, “ha investito oltre duecentonove milioni di euro dal 2002 nella ricerca contro la malaria”.

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