Solo sette amministrazioni locali fanno sapere in modo chiaro e
trasparente come stanno utilizzando i fondi per contrastare la violenza sulle
donne stanziati dal governo. Per tutti gli altri enti locali, i dati sono
irreperibili o molto frammentari. E’ una mappa con
molti buchi neri quella presentata oggi da DonneCheContano, piattaforma
open data ideata da ActionAid in collaborazione con Dataninja, in
occasione dell’incontro “Sulla violenza voglio vederci chiaro”
organizzato con Wister (Women for Intelligent and Smart Territories) e
D.i.re (Donne in Rete contro la violenza).
Per cinque
Regioni è stato possibile reperire la lista dei centri antiviolenza che hanno
ricevuto o riceveranno i fondi stanziati per il biennio 2013/2014:
Veneto, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia. Oltre che per queste Regioni, le
liste sono disponibili per le due ex province di Firenze e Pistoia. Per altre
amministrazioni, i dati sono deducibili reperendo altri atti amministrativi (Abruzzo)
o per via del numero ridotto di strutture presenti (Valle d’Aosta e Basilicata).
Per il resto delle Regioni, non è stato invece possibile reperire alcun
dato.
A ridosso della giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre,
ActionAid ha analizzato anche la reperibilità online delle strutture a
cui sono destinati i fondi. Già dall’analisi delle delibere regionali, infatti,
è emerso che non sempre i dati relativi al numero dei centri antiviolenza
combaciano con quelli del documento di riparto della Conferenza Stato-Regioni.
Si tratta di una delle molte difficoltà riscontrate nel monitoraggio. In alcuni
casi, come in Abruzzo, la ripartizione è avvenuta sulla base di liste di
centri che avevano beneficiato in passato di fondi erogati tramite bandi
regionali e non a seguito di una mappatura completa delle strutture esistenti.
Una procedura che comporta il rischio di escludere alcuni centri dai
finanziamenti senza validi motivi.
“La
mancanza di dati e informazioni complete su come sono stati spesi i fondi
stanziati attraverso la Legge 119/2013 rimane un fatto grave. Ribadiamo la
necessità che tutte le Regioni pubblichino online un resoconto completo
sull’uso dei fondi e che il Governo fornisca a sua volta una rendicontazione
accurata partendo dalla reportistica ricevuta dalle Regioni. Solo il Governo
possiede tutte le informazioni e può quindi fornire un resoconto completo. La
trasparenza è un presupposto per poter valutare gli interventi e disegnare
strategie future.” afferma Marco De Ponte, Segretario Generale di ActionAid.
“Abbiamo lavorato a una prima raccolta indipendente di dati sul
finanziamento ai 74 Centri Antiviolenza che costituiscono la nostra
Rete”, dichiara Titti Carrano, avvocata e Presidente di D.i.Re. “In sole
sei Regioni c’è stato confronto fra l’Ente locale e le Associazioni per
impostare la spesa. Le mappature regionali sono state fatte solo in alcuni
casi e sempre senza verifiche sul campo. Nella stragrande maggioranza delle
Regioni i finanziamenti non sono ancora stati spesi e talvolta non si è
provveduto neppure all’impegno. Molti uffici regionali tendono a distribuire le
risorse a fruitori non specializzati, anche senza alcuna esperienza. Manca una
valutazione delle priorità per le donne che subiscono violenza, che può essere
fatta soltanto ascoltando i Centri e le Case che operano già da anni e
conoscono bene le fragilità del sistema.”
“Secondo i risultati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano –
afferma Flavia Marzano, ideatrice della Rete Wister e Presidente degli Stati
Generali per l’Innovazione – gli open data contribuiscono a creare
maggiore trasparenza nei processi, spingono la PA ad innovare e digitalizzare.
Come donne della rete WISTER abbiamo deciso di supportare l’iniziativa di
ActionAid perché convinte che gli open data possano rendere virtuoso l’uso del
denaro pubblico. In questo contesto, gli open data possono contribuire alla
diffusione della conoscenza aiutando a replicare le iniziative più efficaci,
andando dritti al concreto. Abbiamo bisogno anche di questo per lottare contro
la violenza di genere.”
Ad oggi le
strategie adottate sono molto disomogenee. L’analisi di DonneCheContano mostra
ad esempio che il finanziamento medio per centro antiviolenza e casa rifugio
varia molto da Regione a Regione: circa 60mila in Piemonte, 30 mila in
Veneto e Sardegna, 12mila euro in Puglia, 8 mila in Sicilia, 12 mila nelle ex
province di Firenze e Pistoia, 6mila in Abruzzo e Val d’Aosta. Si tratta di un
punto cruciale, perché i fondi erano stati stanziati anche per garantire un
funzionamento adeguato dei centri, non solo la loro sopravvivenza.
In Veneto –
una delle Regioni più trasparenti – non si è riusciti ad erogare tutti i
fondi stanziati tramite bando per carenza di strutture idonee. Un paradosso,
considerato il problema della continuità dei fondi per molti centri in Italia.
Tra le Regioni più trasparenti c’è anche la Sicilia, che ha reso reperibile la
lista dei centri ma ha deliberato in ritardo – nella primavera del 2015 –
rispetto alla scadenza fissate dal Governo a fine dicembre 2014.
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