Cosa sia successo a Luca Ventre, il 35 enne lucano morto a Montevideo, il primo gennaio 2021 è ancora tutto da chiarire.
Padre di una bimba di 8 mesi, Ventre si era trasferito a Montevideo otto anni fa, affiancando il padre Mario, che a oggi ancora vive nel paese sud-americano. Arrivato in Uruguay, Luca apre prima un bar, poi una pizzeria e collabora con la Camera di commercio della città nel settore dell’import-export di alimentari, in particolare della cioccolata.
Cosa è accaduto in ambasciata
Sono le 7:07. A Montevideo, capitale dell’Uruguay, un ragazzo di 35 anni varca il muro di cinta che dà su corso José Benito Lamas in cui ha sede l’ambasciata italiana. Lo fa scavalcando e rompendo un paio di spuntoni del cancello. Il suo nome è Luca Ventre. Il ragazzo che scavalca quel muro farebbe saltuariamente uso di droga, ma è solo un’indiscrezione che non trova ancora conferma. Secondo una prima ricostruzione, Luca vorrebbe essere rimpatriato ed è proprio per questo che poco dopo la prima alba del nuovo anno si è fiondato presso la nostra sede diplomatica.
Non appena varca illegalmente l’ingresso, due vigilantes fermano Luca Ventre. Le immagini sono state riprese da una telecamera di sorveglianza. Nel video si nota i due guardiani di sicurezza immobilizzare il ragazzo, facendolo prima inginocchiare con le mani dietro la schiena e poi stendendolo faccia a terra. Il ragazzo resta a terra per almeno 15 minuti, fino a quando il corpo non si muove più. Poi viene trascinato a peso morto, preso dalle ascelle, con la testa reclinata in avanti e i piedi che strisciano in terra.
Cercava rifugio nell’ambasciata italiana di Montevideo in Uruguay, i video di sorveglianza riprendono gli ultimi istanti di vita di Luca Ventre, 35 anni. “Luca aveva paura, si sentiva braccato”, dice al #Tg3 il fratello. pic.twitter.com/ZhF37HfaFh
— Tg3 (@Tg3web) January 24, 2021
Dopo questo tempo, il cancello dell’ambasciata si è apre per far entrare due poliziotti. Luca Ventre a quel punto appare privo di sensi, i due agenti lo portano via di peso perché da solo non riesce a reggersi in piedi. Anche su questo punto bisognerà chiarire perché è stato permesso a due poliziotti locali di varcare il territorio italiano.
Luca Ventre viene portato al pronto soccorso dell’Hospital de Clinica, il nosocomio più vicino. Qui a entrare in gioco sono state altre videocamere di sorveglianza, le quali hanno mostrato l’arrivo del giovane poco dopo le 8:00. Secondo i referti ufficiali, Luca Ventre è morto alle 8:30 dopo diversi tentativi di rianimazione andati a vuoto.
L’autopsia effettuata dal medico legale non evidenzia cause possibili di morte dovuta a traumi o lesioni, ma il cervello presenta uno stato edematoso compatibile con la morte da asfissia, da strangolamento. Il volto ed il corpo di Luca riportano alcune ferite, e gli ematomi sul collo vengono inizialmente giustificati con le iniezioni di farmaci. Il cuore è sano e in perfetta forma. Nessun segno di infarto.
Adesso la procura di Roma vuole vederci chiaro. Già nella prossima settimana il pm Sergio Colaiocco, magistrato titolare della delicata inchiesta sul caso Regeni, potrebbe convocare i due vigilantes con l’accusa di omicidio preterintenzionale. Nel frattempo il fratello della vittima, Fabrizio Ventre urla il suo dolore: “Luca è stato ucciso dentro un’ambasciata italiana, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non si è degnato di dire una parola, di telefonarci, di chiedere di fare piena luce. Siamo stati letteralmente abbandonati dalle istituzioni”.
Il trasferimento in ospedale
Cosa è successo in ospedale? Secondo le testimonianze raccolte da Fanpage che ha visionato anche le trascrizioni degli interrogatori cui sono stati sottoposti i medici e gli infermieri che erano di turno all’Hospital de la Clinica all’arrivo di Luca Ventre, esisterebbero tre versioni discordanti e nessuna chiarisce a pieno i primi risultati dati dall’autopsia.
La prima versione, rilasciata da una dottoressa del reparto PS che ha preso turno al pronto soccorso dell’Hospital de la Clinica alle 8.00, dichiara che Luca le viene consegnato alle 8.06 già morto. La seconda versione, fornita dall’agente L., che ha ammanettato Luca in ambasciata, lo ha portato in ospedale e lo ha scortato al suo interno, è avallata dal referto del Pronto Soccorso: Luca è in stato di fortissima agitazione e particolarmente violento già a bordo della volante, comportamento, questo, che spinge gli agenti a portarlo in ospedale, legarlo in carrozzella, scortarlo e lasciarlo in un box di sicurezza, dove gli vengono somministrati dei farmaci, il midazolam e l’haloperidol tramite iniezioni sul collo e senza un esame medico preliminare. Dopo undici minuti dalla somministrazione, Luca va in arresto cardiaco, e dopo cinque cicli di rianimazione di cui 3 con adrenalina andati a vuoto, viene dichiarato morto alle 8.30. La ricostruzione cronologica dell’agente è però diversa da quella del medico che ha firmato l’accettazione e il referto del Pronto Soccorso. La terza versione, infine, è data da un’altra infermiera, che dice che Luca entra al pronto soccorso con le convulsioni, non è in grado di parlare, e va in arresto cardiaco.
Cosa dice la Farnesina
“Il connazionale si è introdotto nel compound dell’Ambasciata scavalcando il cancello di cinta nelle primissime ore della mattina di un giorno festivo in cui nessuno, purtroppo, si trovava negli Uffici. In questo contesto è stato fermato da personale di una società di vigilanza locale e da un agente della polizia uruguaiana deputato alla protezione delle sedi diplomatiche”. È quanto si legge in una nota della Farnesina, contenente alcune precisazioni. “Appena appreso dei fatti – spiega il documento – il personale dell’Ambasciata si è immediatamente attivato, oltre che permettendo i rilievi della polizia scientifica, mettendo in sicurezza le registrazioni video e recandosi in ospedale. Da quel momento i funzionari dell’Ambasciata sono rimasti in costante contatto con il padre del connazionale, residente in Uruguay. L’Ambasciata si è poi immediatamente attivata sia presso la Magistratura uruguaiana che presso quella italiana, le quali hanno aperto le rispettive inchieste, che sono tutt’ora in corso. La nostra sede diplomatica ha messo a disposizione copia integrale di tutti i filmati alle due Magistrature italiana e uruguaiana e conserva gli originali a disposizione di quella italiana”.
“Su indicazione del Ministro Di Maio, l’Ambasciata a Montevideo continua a seguire il caso con la massima attenzione ed è in costante contatto con le autorità uruguaiane, affinché alla vicenda venga assicurata massima priorità e possa essere fatta piena luce quanto prima su questo tragico evento. Anche la Vice Ministra Del Re ha indirizzato personalmente una lettera ai familiari del connazionale, assicurando la piena assistenza della Farnesina e auspicando che sia fatta al più presto giustizia sul caso” conclude la precisazione della Farnesina.