La vicenda cipriota, con prelievi forzosi sui conti correnti dei contribuenti, rischia di essere un pericoloso precedente per la storia dell’integrazione europea.
Inanzitutto si tratta di una misura “diretta” capace di condizionare il tenore di vita dei ciprioti. Un prelievo forzoso appunto, dove si chiede come non mai un contributo ai cittadini per la risoluzione della crisi del paese.
In secondo luogo si tratta di una misura dall’aspetto quanto mai “commissariale”: se in passato la troika, per esempio sul caso greco, si è sempre espressa attraverso memorandum ed estenuanti trattative con il governo di Atene oggi, con questa misura, si prende una decisione in grado di condizionare seriamente la vita dei ciprioti attraverso un semplice Eurogruppo nel fine settimana.
Ma non solo: la vittoria del centrodestra di Anastasiades, filo austerity e filo-Merkel, alle elezioni presidenziali di due settimane fa rischia di creare una frattura politica in seno all’Unione. Con da una parte il partito “dei tedeschi” (dove però per partito “dei tedeschi” non si intendono semplicemente i paesi coi conti pubblici in ordine) e dall’altra quello “anty-austerity” e sostanzialmente contro l’enfasi rigorista dell’accoppiata Merkel-Schaeuble.
Senz’altro in questo schema la “donna più potente del mondo” assume ulteriore centralità. Ma al tempo stesso rischia di far nascere un bipolarismo europeo dalle tendenze tutt’altro che centrifughe. Col rischio di degenerare in un bieco radicalismo.
Mentre a livello europeo oggi come non mai emerge la necessità di qualche forma di compromesso in materia di politica economica. Per andare oltre ad una semplice e inefficace Europa degli Stati. Non disdegnando l’idea di teorizzare una qualche forma di “Bruxelles Consensus”.