Per anni si è parlato della Germania
come isola felice del continente europeo.
E non soltanto guardando ai suoi dati
macroeconomici, al proprio debito pubblico, ai tassi di
disoccupazione bassi ed al potere (in termini di esportazioni) della
propria manifattura.
Ma anche per quanto concerneva il suo
sistema sistema politico: un esecutivo stabile, un sistema elettorale
efficiente ed una rappresentanza parlamentare improntata alla
democraticità ed al rispetto pieno della Legge Fondamentale.
Il tutto in quadro di sostanziale
pacifismo internazionale da parte del paese, che si pone ancora come
vero e proprio “gigante economico, ma nano militare”.
L’affermazione di una forza politica
come Alternativa per la Germania alle ultime elezioni regionali in
questo senso deve far riflettere. In primo luogo perché questo
movimento si pone non soltanto come forza politica ostile ai partiti
tradizionali. Ma anche come vero e proprio “single issue party”,
capace di portare avanti una piattaforma anti-Merkel senza scadere
nell’estremismo di estrema destra (come l’Npd, formazione politica
mai decollata e che ha eletto un solo parlamentare europeo nel 2014 a
causa di una sentenza dal sapore proporzionalistico della Corte di
Karlsruhe).
Possiamo dire, dalla giornata di
domenica, che Nigel Farage non è più solo: Frauke Petry è la vera
e propria omologa del movimento per l’Indipendenza del Regno Unito.
Ostilità nei confronti dell’Europa (considerata più una zavorra che
altro, sopratutto a causa delle cicale mediterranee) e chiusura nei
confronti dei processi migratori sono il vero e proprio mantra di
Alternativa per la Germania. Che si pone su un scia ben diversa (e di
maggior successo) di tutti quei partiti dal sapore “bismarckiano”
del passato tedesco.
L’isola felice dunque non esiste più.
E non soltanto per i fatti di Colonia e per le prime critiche della
Cdu e della Csu all’ospitalità della Merkel nei confronti dei
rifugiati. Ma anche perché Alternativa per la Germania rischia di
essere la prima vera forza anti-sistema (i Verdi-Alleanza ’90
rappresentavano una novità per la politica tedesca, ma in grado di
accompagnare a loro modo il processo di unificazione politica delle
due Germanie) a superare il fatidico sbarramento del 5% alle elezioni
legislative del prossimo anno.
Un aspetto politico deve essere chiaro
in questo contesto: se ci sono responsabilità non sono attribuibili
soltanto ad Angela Merkel (tra l’altro ben poco tattica in questo
frangente storico). Ma anche alla sinistra socialdemocratica. Da
almeno dieci anni ci si è illusi che la Germania funzionasse bene a
livello di sistema politico, mentre altrove fiorivano estremismi e
grillismi vari. Ci si sbagliava.
Il sistema funzionava perché la Cdu e
la leadership merkeliana reggeva. Nella sostanza la Germania resta
tuttora un sistema politico bloccato. Con un secondo partito (la Spd)
nella stessa condizione del Partito Repubblicano del Popolo Turco:
strutturalmente incapace di scalfire il primato del centro-destra. Da
qui la singolare situazione secondo cui la massima aspirazione di un
giovane aderente della Spd è quella di…fare il vicecancelliere di
un governo di grande coalizione! In quanto alleanze rosso-verdi come
quelle che hanno contrassegnato il tessuto politico tedesco dal ’98
al 2005 non sono più proponibili.
Un superamento della socialdemocrazia
era nella cose dal 2005, da quando Schroeder riuscì a bloccare
l’avanzata cristiano-democratica di Angela Merkel. Ma da quel momento
in poi tutto si è sclerotizzato, rendendo la Spd incapace di
elaborare un pensiero politico che non fosse il mero socialismo del
passato (è mancata la Bad Godesberg, si potrebbe dire).
In questo contesto il sistema bloccato
ad un certo punto delinea perversi vuoti politici. In cui si
inserisce da sempre, anche in Germani, il pericolo. Oggi questo
pericolo è Alternativa per la Germania.
Il primo modo per favorirla è accusare
questo movimento politico di fascismo.
Il miglior modo di danneggiarla è fare
un lavoro, a sinistra, di fantasia politica. Andando oltre. Cercando
nuovi orizzonti e rivedendo antichi paradigmi.
In Italia, per far questo, hanno
inventato una cosa chiamata Partito Democratico.
Con grandi ritardi ed immense
difficoltà.
Ma probabilmente non era poi un’idea
tanto sbagliata.