Per sessant’anni è stata la reclusa più illustre della Torre di Londra, ammirata e raccontata da migliaia di turisti e appassionati della storia della famiglia reale. Martedì scorso, in occasione dei suoi ultimi sei decenni, alla corona di Sant’Edoardo è stata concessa qualche ora di libertà vigilata.
Sotto stretta sorveglianza della scorta ha percorso i cinque chilometri che separano la Torre sul Tamigi dall’abbazia di Westminster, un rito che si ripete nei secoli in occasione dell’incoronazione di un re o di una regina, per essere posizionata sull’altare insieme con l’ampolla, l’olio sacro con cui fu segnata Elisabetta II e il trono su cui sedette il 2 giugno 1953.
Per commemorare l’anniversario, alla presenza di duemila personalità, nella chiesa anglicana hanno sfilato la regina, il marito, presenza incerta fino all’ultimo, e una ventina di componenti della famiglia reale fra cui il principe Carlo con la moglie Camilla e i duchi di Cambridge, ormai prossimi genitori. Per Kate questa è stata la penultima apparizione pubblica prima della nascita del futuro erede al trono prevista per la metà del mese di luglio.
Il decano di Westminster, John Hall, nei giorni che hanno preceduto la cerimonia per l’anniversario dell’incoronazione ha sottolineato come la presenza della corona di Sant’Edoardo nell’abbazia, a distanza di anni, rappresenti simbolicamente l’appartenenza alla nazione, il filo della tradizione della monarchia britannica.
Creata dal gioielliere di corte Robert Viner nel 1661 per la salita al trono di Carlo II, questa corona sostituì quella realizzata nell’undicesimo secolo e fusa nel 1649 per volere e ordine di Oliver Cromwell, l’artefice della guerra civile in Gran Bretagna, antimonarchico convinto, che fece decapitare Carlo I.
Tormaline, topazi gialli e bianchi, rubini, ametiste, zaffiri, granate, zirconi e acquamarina compongono il mosaico di pietre preziose di diverso taglio e dimensione che la ricoprono quasi per intero, lasciando libero solo il velluto viola e il bordo di ermellino.
Considerata una delle corone più importanti al mondo, dal valore inestimabile, è anche la più pesante tra i gioielli di Sua Maestà, due chili e duecento grammi gravano sulla testa di ogni sovrano britannico da trecentocinquant’anni.
Elisabetta II, diventata regina a soli 25 anni il 6 febbraio 1952 e incoronata sedici mesi più tardi in segno di rispetto al lutto per la morte del padre, il re Giorgio VI, non fu l’eccezione alla regola. L’arcivescovo di Canterbury di allora, Geoffrey Fisher, incaricato di posare la corona sulla testa della giovane sovrana, ricordò più tardi: “ Mi fece l’occhiolino per dirmi che era stabile.”
L’incoronazione di un sovrano della Gran Bretagna, dell’Irlanda del Nord e degli altri Reami del Commonwealth ha un peso da non sottovalutare.
A oltre mezzo secolo di distanza, tra i partecipanti alla messa di Westminster, c’erano oggi come allora, anche le sei damigelle d’onore che accompagnarono Elisabetta il giorno della sua salita al trono. Furono scelte ragazze appartenenti all’alta nobiltà britannica, in età compresa tra i 18 e i 23 anni, vestite da Sir Norman Hartnell, lo stesso sarto che in quell’occasione vestì anche la regina e posarono con lei in una foto adesso esposta nel museo di Buckingham Palace.
Per questa ricorrenza sono state riconvocate a Palazzo e ritratte di nuovo insieme, sovrana esclusa. Di quel lontano 2 giugno 1953 ricordano ancora emozionate e divertite parecchi aneddoti, come la quasi lite tra il fotografo scelto dalla regina madre per documentare quella pagina di storia, Cecil Beaton, e il marito di Elisabetta, il duca di Edimburgo. Quest’ultimo dispensava consigli tecnici che alle orecchie dell’artista suonavano più come fastidiosi ordini, così domandò stizzito al principe consorte se volesse ritrarre lui la regina e le sue damigelle. Il duca alzò le spalle e se ne andò.
“La popolarità di noi sei ragazze, al tempo era paragonabile a quella delle Spice Girls oggi, tale era l’attenzione di stampa e di sudditi” racconta Lady Glenconner, la figlia del conte di Leicester e aggiunge: “Si suppone che per ogni donna il giorno del matrimonio sia quello indimenticabile, ma io ho sempre detto che per me lo è stato quello dell’incoronazione.”