Una notte elettorale che sembra non finire mai.
A oltre 48 ore dalla chiusura delle urne che hanno raccolto i voti dei turchi per le amministrative, centinaia di volontari stanno ancora cercando di ricontare e verificare le schede nella capitale Ankara, dove Melih Gökçek, il candidato del partito Akp del premier Tayyip Erdoğan, è stato riconfermato sindaco per la quinta volta per poche migliaia di voti (su un totale di oltre tre milioni).
Uno scarto che ha scatenato dubbi e proteste dei militanti del maggiore partito di opposizione Chp – con pesanti scontri con la polizia ancora oggi – in un contesto di reciproca sfiducia. Già alla vigilia, da entrambe le parti erano giunti allarmi sul rischio di “manipolazione” del voto. Che per molti, ora, appare riuscita.
Le polemiche nascono già delle prime ore, con le due agenzie di stampa incaricate di comunicare i risultati durante lo spoglio – quella semi-ufficiale Anadolu e l’altra, Cihan, riferimento dell’opposizione – che annunciavano risultati con discrepanze superiori anche al dieci per cento.
Dietro questo, il caos nei seggi. L’elenco dei presunti brogli è lunghissimo e riccamente documentato sul web da centinaia di utenti con foto e video: dalle urne piene di voti per il Chp e i nazionalisti di destra del Mhp ritrovate nella spazzatura a Osmaniye, nel sud del Paese, alle schede elettorali precompilate a favore dell’Akp a Istanbul e in varie città del sud-est.
Su Twitter, ancora vietato agli internauti turchi (che però hanno trovato e diffuso vari sistema per aggirare il blocco), account come @140journos hanno cominciato a raccogliere e diffondere le testimonianze. Una valanga che non sembra destinata a fermarsi, almeno fino alla scadenza del termine per i ricorsi elettorali, fissato per domenica prossima.
E poi c’è il caso dei misteriosi blackout avvenuti proprio durante il conteggio delle schede in numerose città, Istanbul inclusa. Cosa è successo domenica notte?
Se le prime giustificazioni del ministro dell’Energia Taner Yıldız avevano puntato il dito contro le pessime condizioni climatiche, specie nel sud-est, oggi sono arrivate quelle ufficiali, secondo cui l’interruzione della corrente elettrica sarebbe dipesa dall’entrata all’interno di un’unità di distribuzione energetica di un gatto, che l’avrebbe manipolata.
Una spiegazione introdotta da un emblematico “Non sto scherzando” che però in pochi hanno preso sul serio, con un’immediata diffusione virale di immagini sarcastiche sull’influenza della “lobby dei gatti” nelle dinamiche elettorali.
Se le proteste nelle strade di Ankara continuano, come le polemiche per un voto che resta opaco malgrado la mobilitazione straordinaria di osservatori di lista e tecnici informatici per controllare le operazioni di scrutinio dei voti, resta l’immagine di un Paese sempre più diviso.
Nel discorso pronunciato dal balcone della sede dell’Akp di Ankara alla mezzanotte di domenica, con in tasca una vittoria comunque netta, Erdoğan ha rilanciato accuse e minacce ai suoi oppositori, alimentando una polarizzazione ormai cronica e forse fatale per la democrazia turca, anche in vista delle presidenziali fissate tra quattro mesi. Di questo passo, chi crederà a quel voto?
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