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L’industria del divertimento

Le potenzialità nascoste di un settore in crescita. Intervista a Fabio Colicchi, direttore artistico Goa Club

Di Costanza Balboni Cestelli
Pubblicato il 18 Giu. 2013 alle 14:40

Iniziamo con il dire che io di club e mondanità mi sono sempre interessata molto poco, anzi.

Sarà stato che ondeggiare tra corpi sudati rischiando di fracicarti con il gin tonic del tuo vicino non è mai stata una mia grande ambizione, che a tutto quel rito femminile del prepararsi ” per andare a ballare ” ho sempre preferito altri tipi di attività ( diciamo che alle Lita preferivo i Fat Caps), o che le conversazioni tipiche di questi ambienti mi abbiano sempre lasciato una terribile amarezza per il destino della mia generazione.

Fatto sta che con questa realtà nell’ultimo anno ho dovuto farci i conti, ( la storia di come mi sono innamorata di un appassionato di elettronica ve la risparmio), e da buona secchiona come sono ho deciso che dovevo capirne di più.

E man mano che scorrevo le tabelle di dati mi sono dovuta ricredere.

Non è proprio tutto fumo.

Unterhaltungsindustrie così la chiamano i tedeschi. L’industria del divertimento.

Un popolo tra i 7 e gli 8 milioni di persone provenienti dai 27 paesi dell’ UE che si spostano, fino a una volta al mese, alla ricerca di club, eventi e festival. E scordatevi i ravers con cani al seguito. L’utente medio ha tra i 25 e i 40 anni. La maggior parte di loro ha una laurea e molti sono professionisti.

Le nazioni europee leader nel mercato? Trascina il gruppo la Germania con Berlino, seguono Londra (UK), Ibiza e Barcelona (Spagna) e Amsterdam ( Olanda) e molte speranze si nutrono per l’area dell’East Europe che negli ultimi anni ha convogliato molti investimenti destinati a intrattenimento e divertimento.

Per un business totale annuo di quasi 6 miliardi di euro e un decine di migliaia di posti di lavoro, se ne contano quasi 30.000 nella sola Berlino, tra ristoranti, alberghi, club e bar.

E mi viene spontaneo chiedere, e l’Italia?

Il bel paese oltre ai meravigliosi territori che naturalmente attirano il turismo mondiale, nasconde insospettabili potenzialità da esprimere anche in questo settore, frenate però da politiche quasi ostili.

Ne ho parlato con Fabio Colicchi, direttore artistico del Goa Club, considerato unanimemente, l’unico club italiano a muoversi in una direzione europea, con proposte sempre molto attente e ricercate.

Ciao Fabio, intanto due parole su di te e sul tuo percorso professionale

Sono da sempre stato un grande appassionato di musica elettronica. Fin da giovanissimo ho cercato di interessarmi alla scena, compravo dischi e frequentavo i clubs che c’erano qui a Roma e dintorni. Poi, diventato un po piu’ grande, un mio amico mi porto’ al Goaclub e fu amore a prima vista. Cominciai a lavorare come pr, poi come organizzatore di party, concerti e rassegne , lavorando anche in altri locali della capitale. Scartata l’ idea di essere un avvocato ho deciso di investire tutte le mie energie in questo settore. Con Giancarlino e Giovanni Clerici, ora abbiamo una societa’ che gestice il Goaclub, il Magick Bar, e con la quale produciamo eventi musicali.

Londra, Berlino, Amsterdam grandi poli europei del divertimento. Roma secondo te ha le stesse potenzialità? E quali sarebbero le misure da intraprendere per migliorare lo sviluppo del settore del turismo del divertimento?

Ovviamente Roma ha le stesse potenzialita’, forse anche qualcosa in piu essendo una delle citta’ piu belle del mondo. Purtroppo le istituzioni nel tempo hanno sempre avuto un atteggiamento negativo nei confronti dell’intrattenimento notturno e della cultura musicale. Tranne rarissimi casi nel passato, hanno sempre osteggiato i grandi eventi di musica elettronica nella capitale, trovare location adatte è sempre piu difficile per non parlare dei vari permessi. La scena dei clubs non se la passa meglio, con orari di chiusura ridicoli se confrontati con le altre citta’ europee e con una generale demonizzazione del settore.

Proprio questo punto sembra cruciale : la maggior parte dei cittadini ma soprattutto dei politici è restia a concedere liberalizzazioni in questo settore, vissuto ancora come rischioso, se non pericoloso. Credi che sia ancora così? E come pensi che alcuni di questi problemi possano essere risolti?

Come dicevo appunto l’ atteggiamento dei politici è ancora molto diffidente nei confronti dell’intrattenimento notturno, ma secondo me nei confronti dell’intrattenimento e della cultura in generale. Paghiamo il prezzo di avere una classe politica troppo anziana. Come al solito, purtoppo, dovremmo prendere esempio da cio’ che succede all’estero. Nelle maggiori capitali europee l’intrattenimento e la musica sono oggetto di studio e di investimento da parte delle varie amministrazioni, citta’ come Berlino, Londra e Amsterdam riescono ad attrarre milioni di turisti l’anno proprio grazie a questo settore. A Barcellona, ogni anno, con festival come Sonar e Primavera, migliaia di giovani visitano la citta’ catalana, portando tantissimi soldi nelle tasche sia dei cittadini che dell’ amministrazione comunale. Finche non si capira’ che questo genere di eventi possono contribuire a rilanciare il turismo ed aiutare l’economia della citta saremo un passo indietro.

I numeri parlano da soli, e anche il locale per il quale lavori oggi rappresenta un impresa vincente che propone artisti di qualità ma ancora più importante oggi, riesce a dare lavoro a decine di persone. Cosa secondo non deve mancare nella gestione di questo tipo di attività?

Passione e coraggio. E il vivere in prima persona quello che si sta proponendo

40% di disoccupazione giovanile, fuga di cervelli italiani. Cosa ne pensi di questo dato? Siete spesso in giro per il mondo con importanti collaborazioni musicali, cosa vi tiene,però,ancora qui?

La situazione è critica e purtroppo non vedo un miglioramento immediato nei prossimi anni. Ma mi sento molto legato al mio paese e alla mia citta’, ed il desiderio di vedere realizzato qui quello che mi ha sempre affascinato fin da piccolo è un motore che mi fa andare avanti. E’ una missione.

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