Il nome sbarazzino e l’avatar sghignazzante potrebbero far pensare all’ennesima incarnazione del cyber-anarchico, ma ha il cuore di un repubblicano di ferro.
Sul suo account Twitter si fa chiamare The Jester (il Giullare), ed è il primo hacker filogovernativo della storia degli Stati Uniti. Sedicente ex-militare, è allineato su posizioni chiaramente conservatrici – solo ieri ha salutato con gioia l’assoluzione di George Zimmerman – e usa le tecniche tradizionali dell’hacktivismo per colpire quelli che considera i nemici della sua amata madrepatria.
Nelle ultime settimane, l’ossessione di The Jester è stata Edward Snowden, il tecnico che ha dato il via al Datagate. Gli attacchi informatici del giullare a stelle e strisce hanno colpito tutti i paesi che hanno accettato la richiesta di asilo di Snowden, inchiodato da più di un mese nello scalo moscovita di Sheremetyevo. Così, in rapida successione, i siti governativi (o di importanti istituzioni e personalità) di Bolivia, Ecuador e Venezuela sono stati disattivati per svariate ore.
Nell’ultima offensiva, The Jester ha manomesso il sito del principale quotidiano venezuelano, “El Nacional” sostituendo la home page con un proclama (sgrammaticato) in cui ha invitato il governo di Nicolas Maduro a rivedere la sua posizione sul caso, minacciando altri attacchi e rivelazioni scomode in caso contrario.
L’ira dell’hacker-patriota si è rivolta anche contro il precursore di Snowden, quel Julian Assange che vive recluso nell’ambasciata ecuadoriana a Londra: The Jester ha lasciato intendere che vorrebbe manomettere il sistema antincendio dell’ambasciata per costringere Assange a uscire dall’edificio, correndo incontro a un sicuro arresto.
Eppure l’opinione che The Jester ha di Snowden (“un traditore che ha messo a repentaglio le nostre vite”), è minoritaria fra i suoi compatrioti. Secondo un sondaggio dell’Università di Quinnipiac, infatti, per il 55 per cento degli americani Edward Snowden non può essere considerato un traditore. Un’idea che probabilmente ha a che fare anche con le recenti inchieste della stampa sulla FISC (Foreign Intelligence Surveillance Court): una corte segreta che decide, in base a leggi anch’esse segrete, se il governo può mettere qualcuno sotto sorveglianza.
Il dibattito sulle abnormi violazioni della privacy (e di altri diritti individuali) commesse dal governo americano in nome della sicurezza, insomma, continua. E la bilancia non sembra pendere a favore della Casa Bianca, con buona pace del patriottico Jester.
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