Elizabeth Nyirafaranga, 45 anni, viene dal villaggio di Gahigiro, nella parte occidentale del Ruanda, vicino al Lago Kivu. Il genocidio del 1994 le ha portato via due figli, uno di due anni e mezzo e l’altro di appena nove mesi, e suo marito. “Fu mio cugino a causare la loro morte – racconta Elisabeth, venti anni dopo – fu lui a rivelare agli aguzzini il luogo nel quale ci nascondevamo. Ci chiesero una mucca in cambio della nostra vita, ma non ne avevamo. Allora ci violentarono a turno, poi uccisero i miei bambini brutalmente. Posso ancora sentire le loro grida. Non le scorderò mai. Sono passati vent’anni ma ancora piango quando penso a quei momenti”.
Senza suo marito, senza i suoi figli, senza un posto dove stare o una terra da coltivare, Elisabeth ha tentato di ricostruire la sua vita. “Mi sono sposata con il fratello del mio primo marito e insieme abbiamo avuto sei figli. Il più grande è nato due anni dopo il genocidio. Il lavoro e l’amicizia che ho trovato alla cooperativa di Buhozanye (cooperativa di donne, ndR) mi hanno aiutata ad andare avanti. Impariamo cose a vicenda e condividiamo le nostre preoccupazioni e pensieri. Per alcuni di noi è stato difficile accettare quello che è accaduto, perdonare e andare avanti.”
Venti anni dopo il genocidio, che ha sterminato oltre un milione di ruandesi, sulle donne e sulle giovani generazioni pesa ancora il trauma delle violenze subite. Oggi nel Paese, l’età media è di 19 anni, e i due terzi della popolazione sotto i 25 anni. “I giovani ruandesi riconoscono che il genocidio ha provocato enormi e difficili ripercussioni sulla vita quotidiana della gente ma sono anche convinti di essere parte di un Rwanda finalmente unito. Non si identificano più nella vecchia società divisa fra tutsi, hutu e twa ed è, senza dubbio, questa la più grande conquista nella storia del Paese” – afferma Josephine Uwamariya, Country Director di ActionAid Rwanda. “Per fare in modo che questo sentimento si trasformi in realtà, le generazioni cresciute all’ombra del genocidio devono avere la possibilità di far valere i propri diritti, lavorando per sconfiggere definitivamente ogni forma di povertà e ingiustizia sociale. Questo significa garantire loro gli strumenti adatti per costruirsi una vita dignitosa, fatta di accesso al cibo, all’istruzione e a un servizio sanitario nazionale ma, soprattutto, libera da ogni sorta di violenza. Il futuro del Ruanda dipende dalle giovani generazioni”.
Il Paese “dalle mille colline” ha sicuramente compiuto grandi passi economici negli ultimi anni: nel 1994 era totalmente a pezzi con un sistema politico-economico distrutto, mentre oggi il Ruanda presenta una crescita economica annua del 5 per cento e ha assistito ad una drastica riduzione del numero delle persone che vivono in povertà. “Molto è stato fatto ma ora è importante rafforzare l’impegno preso con i giovani e le loro famiglie che vivono ancora in un profondo stato di povertà” – continua Josephine Uwamariya – “In particolare, è fondamentale garantire i diritti delle donne che, insieme ai sopravvissuti del genocidio, sono le persone più colpite dall’indigenza, dall’estrema povertà e lasciate sole a sopportare il peso di una società completamente devastata”.
Sono trascorsi ormai molti anni, ma ancora oggi migliaia di vedove, donne che hanno perso i loro figli o che hanno contratto il virus dell’HIV a causa degli stupri subiti, continuano a soffrire per il trauma della guerra e a lottare ogni giorno per sopravvivere. In occasione del ventesimo anniversario del genocidio ActionAid ha raccolto alcune testimonianze tra le donne sopravvissute. Domina, Elisabeth e Esperance sono solo alcune delle donne che stanno tentando di ricostruire le loro vite e quelle dei loro figli.
Si sono unite in piccole cooperative agricole, grazie al sostegno di ActionAid; nel paese infatti, ActionAid promuove progetti di agricoltura sostenibile e accesso alle risorse naturali; organizza attività con gruppi e cooperative di donne per spezzare il ciclo di violenza e povertà e costruire alternative di sostegno economico. ActionAid sostiene in particolare programmi rivolti ad aumentare le capacità economiche delle donne, in modo da assicurare loro una piena partecipazione e inclusione nei processi decisionali e nella vita pubblica del Paese.