C’era una volta un treno… potrebbe iniziare così la prossima fiaba raccontata ai figli più fortunati del Sudan, quelli della capitale Khartum, all’ombra del Corinthia Hotel.
I treni sudanesi erano, infatti, uno dei vanti di questo Paese degli anni ’30, ma da oltre 50 anni riposano, impolverati, senza alcuna manutenzione, con le lettere della “Royal Railways” ormai sbiadite. Ad esse si sono aggiunte, nel tempo, le macchine di produzione europea, indiana e statunitense, che da decenni giaciono su linee interrotte o come lumache tra scali strategici, come Port Sudan.
Il governo sudanese punta però a rilanciare le macchine su rotaia su una nuova superstrada ferrata, contando sugli investimenti cinesi, soprattutto, ma anche sui fondi stranieri, come il Kuwait Fund for Arab Economic Development (KFAED). Attualmente, solo 60 sono i treni in funzione in tutto il Sudan, altri arriveranno, probabilmente, dall’Ucraina, o dalla Sud Corea.
Nel frattempo, mentre gli ingegneri e gli economisti si ingegnano sulle carte, un solo uomo, il ferroviere pensionato Mustafa ha raccolto cimeli e carrozze, aprendo l’unico museo di Atbara, cittadina a nord di Khartum e storicamente il principale snodo ferroviario del Paese. La sua romantica impresa ha già fatto il giro sul web, e attende i primi visitatori reali.