Il Calcio, apparentamente uno sport. Ma chi ci dice che ciò non possa essere anche qualcosa di più?
Uno sport così popolare talvolta si lega a doppio filo con la politica e con la propaganda, soprattutto quando ciò avviene in governi che non sono pienamente democratici, e quando alla propaganda un successo calcistico fa molto comodo.
Vediamo quando, al tempo in cui il mondo era diviso in blocchi, un successo calcistico poteva, oltre a dare un certo successo alla propria Nazionale, poteva fare molto comodo dal punto di vista politico: nello specifico andiamo a vedere come ciò accadeva oltre la Cortina di Ferro, nei Paesi del Patto di Varsavia.
Partiamo dal Paese leader di questa alleanza, l’Unione Sovietica.
Siamo negli anni ’20, e Stalin è il leader indiscusso dell’URSS. Mentre artisti ed intellettuali sono perseguitati perchè non in linea con il regime, i calciatori, per via della popolarità del loro sport nel Paese, sembrano intoccabili.
A Mosca ci sono varie squadre, ognuna legata ad una parte della Società: la Torpedo Mosca è legata alle fabbiche d’auto, il CSKA è legato all’Armata Rossa, il Lokomotiv ai ferrovieri, ma soprattutto la Dynamo è legata al KGB, ed al suo temutissimo leader Lavrentij Pavlovič Berija.
Tuttavia, durante l’egemonia della Dynamo, il campione Sovietico Nikolaj Starostin ed i suoi fratelli decidono di fondare una nuova squadra Moscovita, che, richiamandosi alla tradizione di Spartaco, prenderà il nome di Spartak Mosca, e che, in contrapposizione ad una squadra come la Dynamo, attirerà su di sè le simpatie di molti oppositori dello Stalinismo.
Questa squadra, guidata da campioni come gli Starostin, arriverà a contendere, negli anni ’30, la Coppa Sovietica, con la Dynamo Mosca. Ma ovviamente, Beria, non potrà accettare un simile affronto. Sarà proprio in questo periodo che, dopo una vittoria dello Spartak contro la sua Dynamo, arriverà a far ripetere la partita.
Ma, nonostante ciò, lo Spartak vincerà anche la ripetizione della partita conquistando la Coppa Nazionale Sovietica, scaturendo l’ira di Beria. Quest’ultimo avrebbe volentieri lanciato la sua vendetta contro i fratelli Starostin, ma, putroppo per lui, la popolarità di questi li proteggeva da ogni rappresaglia da parte di Beria su di loro.
Sarà solo nel 1942, quando il Paese era impegnato dalla Seconda Guerra Mondiale, che quest’ultimo arriverà a far arrestare questi, facendoli deportare in un gulag. Solo con l’avvento di Krusceev, e con il rinnegamento dello Stalinismo, che gli Starostin saranno liberati dalla loro prigionia e che Nikolaj Starostin diverrà Presidente dello Spartak Mosca, mantenendo il suo ruolo dal 1955 al 1992 e vivendo con il suo club svariati successi.
Sempre nell’URRS, è doveroso citare un altro caso in cui calcio e politica si sono seriamente intrecciati. E’ il caso di Eduard Streltsov. Strelsov era un grande campione, tanto che nell’URSS era chiamato “il Pelè Bianco”.
Alla vigilia dei Mondiali di Svezia del 1958, in tutta l’Unione Sovietica si aspettava di vedere in campo il loro campione, che, a detta dei Sovietici, avrebbe senz’altro portato i suoi connazionali ad una serie di successi non indifferenti.
Streltsov, infatti, era stato indiscusso protagonista di un 6-0 dell’URSS sulla Svezia, ed ancora oggi in Russia il colpo di tacco è chiamato “Streltsov”, in onore del suo campione.
Ma tuttavia, Streltsov, non era poi così gradito al Regime Sovietico. Il giovane campione, infatti, per il Regime non era un esempio per la sua popolazione per via del suo atteggiamento da “viveur”, e perciò il Regime decise di punirlo per dare l’esempio alla sua popolazione.
Nel 1958, infatti, alla vigilia dei Mondiali di Svezia, fu accusato di stupro e mandato in gulag, privandolo del privilegio di partecipare alla spedizione Sovietica in Svezia (l’URSS non andrà affatto bene a quei Mondiali) e condannandolo a ben sette anni di prigionia.
Al suo ritorno al calcio, tuttavia, saranno moltissimi i Sovietici ad accorrere allo stadio ad ammirare le sue prestazioni: il giocatore ormai sarà più lento, provato dal gulag, ma la sua classe si noterà ugualmente.
Il povero Streltsov morirà nel 1990 per un cancro ai polmoni, causato probabilmente dalla sua esperienza nella miniera del gulag, ma la sua classe ed il suo talento, tuttavia, rimangono ancora ammirati in tutta l’ex Unione Sovietica.
Ma ora spostiamoci in Ungheria. Negli anni ’50, questa Nazione, ha espresso una delle più grandi Nazionali di calcio che si siano mai viste: campioni come Ferenc Puskas e Sandor Kocsis avevano infatti portato la formazione Magiara a successi che ancora oggi sono menzionati nei manuali del Calcio, a partire dall’Oro Olimpico vinto ad Helsinky nel 1952.
Tuttavia, ai Mondiali del 1954, la Nazionale Ungherese, nonostante vinca tutte le partite fino alle Semifinali, in Finale dovrà arrendersi alla Germania Ovest, perdendo per 3 a 2. Dopo la Finale, il Portiere Ungherese Gyula Grosics, sarà condannato agli arresti domiciliari con capi d’accusa “gratuiti”, considerato un capro espiatorio della sconfitta Ungherese.
Più avanti il processo sarà considerato nullo, ma il malcapitato Grosics sarà comunque trasferito dall’Honved di Budapest alla più modesta formazione del Tatabanya.
In Germania Est i legami tra propaganda di Regime e Calcio non erano di certo inferiori. Il nome Dynamo, a quanto pare, nei Paesi del Patto di Varsavia era spesso legato alla Polizia Segreta, e non a caso la Dynamo di Berlino era, dagli anni ’60, controllata dalla STASI, la temutissima Polizia Segreta della DDR.
Sotto il controllo del leader della STASI Erich Milke, la Dynamo Berlin avrà una serie di innumerevoli successi, grazie anche a non indifferenti aiuti degli arbitri (si dice che si giocasse fino anche al 98′ pur di far segnare la Dynamo, ma forse noi Italiani che abbiamo visto Calciopoli non ci stupiamo più di tanto di fronte a questo…), che portò la squadra a ben dieci scudetti consecutivi negli anni ’70.
Nel periodo in cui la Germania fu divisa in due, non possiamo certo non menzionare, come molti Tedeschi furono divisi dai loro cari oltre il Muro di Berlino od oltre la Cortina di Ferro, tutti quei Tedeschi che, per via della divisione del loro Paese, furono tenuti lontani dalla propria squadra per via della divisione del Paese.
Quanti tifosi dell’Herta dall’Est non poterono recarsi all’Olympiastadion per seguire la propria squadra? E quanti tifosi dell’Union dell’Ovest non si sono potuti recare all’An der Alte Forsterei? Purtroppo, nell’assurdità della divisione di una città, è successo anche questo.
Oggi ci sembra assurdo quando un Ministro dice la sua su come il Calcio debba andare, ma purtroppo, nel momento in cui uno sport raggiunge una popolarità molto alta, la Politica non manca l’occasione di mettervi bocca, sia per ragioni di passione calcistica, che per poter manipolare l’opinione pubblica.
Purtroppo quest’ultimo caso, nella storia, è stato più frequente, specialmente in situazioni poco democratiche. Ma il Calcio rimane in primis uno sport, forse il più bello ed entusiasmante del Mondo, e noi ci auguriamo possa sempre rimanere tale.
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