Gli addii più difficili sono i titoli di coda degli amori più grandi per una persona, una corona o una fede. In comune hanno un punto, la responsabilità che ne deriva.
Succede infatti che l’11 febbraio 2013 l’agenzia di stampa ansa lancia la notizia delle notizie, quella che nessun giornalista contemporaneo si aspettava mai di dare: “PAPA LASCIA PONTIFICATO DAL 28/2”. La data entra subito nella storia. I giornali stendono fiumi d’inchiostro e le televisioni inondano i palinsesti di speciali per cercare una spiegazione ad un gesto apparentemente inspiegabile.
Il passo indietro di Benedetto XVI lascia il mondo con il fiato sospeso, perché arriva nel momento in cui la società ha più bisogno di certezze.
C’è chi azzarda: “Ma il Papa si può dimettere?”. Tutto sommato è legittimo non ricordare. L’ultima volta successe nel 1415 598 anni fa, si dimise Gregorio XII, anche se il rifiuto più famoso rimane quello di Celestino V, destinato da Dante all’Antinferno tra i vili della “Divina Commedia”, perché da quella croce non si scende. Invece Benedetto XVI ha voluto dimostrare che si può scendere, eccome, in quanto “le forze mi sono venute meno” e perciò non più in grado di guidare la Chiesa.
Alle quattro di pomeriggio del 28 febbraio, in Piazza San Pietro, a Roma, si accendono i maxi schermi che trasmettono in diretta le immagini provenienti dal cortile di San Damaso, giusto dietro il colonnato di destra coperto da teli e impalcature. La gente, prima distratta, si ferma e fissa i monitor che rimandano immagini di guardie svizzere schierate, una macchina in attesa, diplomatici, suore e prelati che fissano un punto davanti a loro, una porta. C’è chi prega, chi piange, chi fotografa. Nessuno parla, nessun rumore. E’ l’ora di andare. Benedetto XVI lascia per l’ultima volta gli appartamenti papali. Pochi minuti dopo lo scoccare delle cinque, il Pontefice appare nel cortile per congedarsi dalla sua gente. Padre Georg piange, lo fanno in molti anche al di là del colonnato coperto, sulla Piazza di San Pietro iniettata da un raggio di sole primaverile che stride con un momento così solenne. Il Papa parte. L’elicottero si solleva, gli occhi della gente anche.
La piazza ora è piena di turisti, fedeli, curiosi, giornalisti… tutti lì con il naso in sù per fermare nella mente un’immagine irripetibile, ma lui vola in un’altra direzione. Sugli schermi si vedono i tetti di Roma, il Tevere.
Poi, all’improvviso, l’elicottero bianco con a bordo il Pontefice si riaffaccia sulla piazza all’altezza di via della Conciliazione per fare un ultimo giro sopra il Vaticano e i suoi misteri, prima di sparire dagli occhi e tornare dentro i mega schermi, destinazione Castel Gandolfo per l’ultimo saluto pubblico prima di diventare Papa Emerito e tornare “da pellegrino” nell’oblio.
Sfogliando le pagine della storia la scena ne ricorda una già vista. Racconta una leggenda che quel 20 gennaio del 1989 Ronald Reagan, passate le consegne a George H. W. Bush come Presidente degli Stati Uniti, in volo per l’ultima volta sopra la Casa Bianca, rivolgendosi al pilota dell’elicottero lo esortò: “faccia un altro giro…”. Di certo, scherzando con la moglie Nancy, seduta accanto a lui, disse: “Cara, guarda laggiù il nostro piccolo bungalow.”
Lui, il Presidente con il più alto indice di gradimento del suo popolo nella storia moderna americana, capace di risollevare negli anni Ottanta le sorti di una nazione in piena crisi economica, uomo chiave dell’intricato scacchiere internazionale, è passato alla storia per essere ‘il grande comunicatore’. Tuttavia lui, di se stesso, diceva: “Non sono un grande comunicatore, ma comunico grandi cose”.
Nessun giro d’onore, nessun addio trionfante per un re che abdica. È successo l’11 dicembre 1936 quando Edoardo VIII, sovrano della Gran Bretagna scelse di sacrificare la corona per l’amore di una donna. Il suo regno durò 325 giorni e nonostante l’Europa fosse alla vigilia della Seconda guerra mondiale, l’unica preoccupazione del re fu per Wallis: americana, già sposata, capricciosa, filonazista, dal passato turbolento. Nell’ombra si, ma sposarla era troppo per la monarchia, per il popolo e per la classe politica. Così dopo un duro braccio di ferro con il Primo Ministro, Edoardo VIII scelse Wallis, l’amore della vita.
Con un comunicato letto alla BBC si congedò dai suoi sudditi: ” Trovo impossibile adempiere ai miei doveri di re senza l’aiuto e l’assistenza della donna che amo”. Ormai in esilio ma libero dalle leggi e dalle costrizioni del suo Impero poté sposare la Simpson pochi mesi dopo, in Francia, dove trascorsero la maggior parte della loro vita, formando una delle coppie più eleganti e glamour del jet-set internazionale.
Sul trono d’Inghilterra salirà il fratello minore, Giorgio VI, vincitore della Seconda guerra mondiale e padre dell’attuale sovrana Elisabetta II, una delle regine più amate della storia, che, nonostante le voci riportate dai giornali di gossip, non pensa proprio di abdicare in favore del nipote William.
Invece, dopo anni di popolarità indiscussa, si allungano le ombre sul Re di Spagna, Juan Carlos e il suo regno. Scandali ed eccessi hanno nauseato gli spagnoli. In molti si domandano se l’uomo che è stato capace di riportare la monarchia nel Paese sarà lo stesso che la affosserà.
La regina Sofia, la moglie tradita, cui si riconosce saggezza e ruolo, amatissima dal suo popolo, sostiene che “la cosa migliore sia che il sovrano muoia nel suo letto e che qualcuno gridi: è morto il Re! Viva il Re!”
Sarà… ma sembra che per risollevare le sorti di una corona in caduta libera sia necessaria una svolta che ha nome e cognome, Felipe di Borbone, in lista d’attesa per il trono insieme alla moglie Letizia Ortiz, la giornalista alla conquista del cuore degli spagnoli.
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