Grand Budapest Hotel, film scritto e diretto da Wes Anderson, ha aperto la 64esima edizione del Festival Internazionale del cinema di Berlino e ha vinto il Gran premio della giuria.
L’espediente narrativo è una matriosca: una ragazza legge un romanzo di Stefan Zweig davanti alla statua che lo raffigura. Lo scrittore (interpretato da Jude Law) si trova al Grand Budapest Hotel e conosce il padrone Zero Moustafa (F. Murray Abraham) che lo invita a cena e comincia a raccontare la sua storia.
Siamo negli anni Trenta. Zero, un garzoncello agli ordini di Monsieur Gustave (Ralph Fiennes), ha il pregio di essere invisibile e indiscreto. Monsieur Gustave è invece il concierge di un famoso albergo mitteleuropeo di Zubrowka – una Repubblica immaginaria – che ha la passione per le signore attempate con le quali trascorre le sue notti.
Tra le clienti più affezionate c’è Madame D. (Tilda Swinton) che, morendo, crea scompiglio per via della propria eredità. A Monsieur Gustave affida un famoso quadro rinascimentale e il terribile figlio di Madame D., Dimitri, lo accusa dell’assassinio della madre.
Tra inganni, inseguimenti su sci, evasioni dal carcere, dita mozzate, travestimenti, decapitazioni e parodia del nazismo, Anderson costruisce un cartoon sfavillante dal ritmo sostenuto e intriso di elementi favolistici. A comporre il cast di lusso di Grand Budapest Hotel ci sono, tra i tanti, Ralph Fiennes, Saoirse Ronan, Adrien Brody, Harvey Keitel, Jude Law, Léa Seydoux e F. Murray Abraham, grandi nomi dalle grandi interpretazioni che, come in un fumetto, fanno gioco al divertente teatrino Andersiano.
La sceneggiatura, dal tono al contempo ironico e malinconico, è quantomai avvincente, capace di catturare l’attenzione e di strappare il sorriso. I colori pastello, il tocco vintage, la scenografia giocattolo, i costumi curati nel dettaglio e le musiche orchestrali di Alexandre Desplat contribuiscono a comporre questo pastiche barocco e rocambolesco.
Il film non è stato girato in un hotel, bensì in un lotto di fine secolo, che si trova all’incrocio tra Germania, Polonia e Repubblica Ceca, nella città di Görlitz. La facciata esterna dell’albergo è stata realizzata al computer, sulla base di un modellino. La popolazione locale ha partecipato attivamente alle riprese (recitando come comparse) e diversi artisti e artigiani hanno realizzato molti degli oggetti utilizzati nel film.
Il film ha forse l’ambizione di voler spingere a una riflessione, ma si limita, invece, a essere un simpatico giocattolo in una splendida confezione. L’unica necessità a cui Anderson risponde è quella dell’intrattenimento. Una commedia raffinata, dunque, che fa sorridere e stuzzica il piacere visivo, corredata da una splendida recitazione e da un’intelligenza leggera.