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Il cardinale australiano George Pell è stato condannato a 6 anni per pedofilia

il cardinale George Pell. Credit: William WEST / AFP

L'ex ministro dell'Economia del Vaticano è stato giudicato colpevole per abusi su due minorenni negli anni Novanta

Di Enrico Mingori
Pubblicato il 13 Mar. 2019 alle 09:03 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 03:20

Il cardinale australiano George Pell è stato condannato a 6 anni di carcere per aver abusato di due ragazzi minorenni negli anni Novanta.

La sentenza è stata pronunciata mercoledì 12 marzo 2019 da un giudice della contea di Victoria. Pell, 77 anni, era già stato giudicato colpevole ma la pena non era ancora stata comminata: il cardinale rischiava una condanna molto più severa, fino a 50 anni di reclusione.

In base al diritto australiano, prima di poter chiedere la libertà condizionale, il cardinale dovrà scontare almeno 3 anni e 8 mesi.

Pell si è sempre dichiarato innocente e ha già presentato ricorso contro la condanna: il processo d’appello si aprirà a giugno 2019.

Il cardinale, sospeso dal Papa, tra il 2014 e il 2019 è stato prefetto della Segreteria per l’economia del Vaticano, una sorta di ministro dell’Economia della Santa Sede.

Si tratta della più alta carica religiosa nella gerarchia cattolica mai condannata per pedofilia.

I reati al centro del processo risalgono al periodo tra il 1996 e il 1997: secondo la sentenza di condanna, il cardinale abusò di due ragazzi del coro alla cattedrale di St. Patrick’s di Melbourne, che all’epoca avevano 13 anni.

In particolare, Pell è stato riconosciuto colpevole di penetrazione sessuale e di quattro casi di offesa al pudore: nella sentenza il giudice ha sottolineato che i suoi abusi hanno avuto ripercussioni “profonde” e “durevoli” sulla vittima ancora in vita e probabilmente ne hanno avute anche sull’altra, che nel frattempo è morto per overdose di eroina.

La vittima superstite, che ha voluto restare anonimo, ha spiegato attraverso il suo avvocato che “è difficile trarre conforto” da questa condanna. “Apprezzo che la corte abbia riconosciuto ciò che ho dovuto subire da bambino, ma per me non c’è ancora tregua, tutto è messo in ombra dall’imminente processo d’appello”.

Secondo quanto si legge nella sentenza di condanna, la “condotta” di Pell “è stata permeata di una sconcertante arroganza”. Il giudice ha spiegato di aver tenuto conto per la pena sia dei “crimini odiosi” (“ognuno dei due ragazzini assistette alla violenza sull’altro”, ha ricordato) ma anche dell’età avanzata dell’imputato e del fatto che “da allora ha condotto una vita irreprensibile”.

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