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Ergastolo ai gay

In Uganda il Parlamento ha approvato una legge che punisce con l'ergastolo l'omosessualità aggravata

Di Ernesto Clausi
Pubblicato il 20 Dic. 2013 alle 16:54

Non solo pornografia e minigonne vietate. In Uganda si stringe la morsa su diritti e libertà individuali. Il Parlamento ha approvato anche la legge anti omosessualità, che è sui tavoli dei politici ugandesi dal 2009. La proposta di legge prevedeva inizialmente addirittura la pena di morte. Che è contemplata in altri Stati africani, come la Somalia, dove a marzo un tredicenne è stato lapidato a morte perchè gay. Il tema non era inserito nell’ordine del giorno, e ciò ha suscitato ancora più clamore. L’omosessualità è già illegale in Uganda, ma la nuova legge rafforza le pene previste.

L’ergastolo è previsto se ad esempio sia coinvolto un minore, o se l’autore del reato sia sieropositivo. E’ considerato un crimine anche non riferire alla polizia presunte attività omosessuali.

Il parlamentare autore della proposta di legge, David Bahati, ha dichiarato all’agenzia AFP: “Questa è una vittoria per l’Uganda. Il Parlamento ha votato contro il male”.

La colpa sarebbe dei modelli di vita occidentali, che distruggono la famiglia tradizionale ugandese deviando i ragazzi. I rappresentanti delle associazioni gay lamentano l’influenza della Chiesa cristiana evangelica, che starebbe conducendo una forte campagna anti omossessualità in tutta l’Africa. Un quotidiano locale aveva addirittura pubblicato una lista di nomi e indirizzi di persone ritenute essere omosessuali. Ovviamente il reato di omosessualità è difficile da dimostrare, e darebbe vita a speculazioni di ogni tipo. Oltre a dare la possibilità alle forze di sicurezza di condurre arresti in maniera discriminatoria, sarebbero autorizzati esami medici invasivi della privacy e della libertà individuale.

Perchè la legge entri in vigore manca soltanto la firma del Presidente Museveni. Che dovrà tuttavia pensarci bene. Il Governo sa bene che questi provvedimenti potrebbero avere come conseguenza la sospensione degli aiuti umanitari da parte della comunità internazionale.

L’Uganda sta pericolosamente scivolando verso una crisi sociale e politica. Una governance debole e sempre più contestata, la presenza di gruppi ribelli e milizie attive nell’area, le tensioni etniche e il pericolo di un’escalation terroristica (l’Uganda fornisce truppe alla missione Amisom in Somalia). E ora la costituzione di un nuovo movimento politico, il Freedom and Unity Front. Guidato dal Generale Sejus, in esilio a Londra, promette battaglia.

Nell’ultimo National Intelligence Report proveniente da Washington, l’Uganda è presentato come Paese a rischio di “violenta instabilità” nel prossimo anno. Anche la crisi sud sudanese rischia di coinvolgere l’Uganda. Juba è un forte partner commerciale di Kampala, mentre il Lord’s Resistance Army ha legami con il Sudan. Il movimento guidato da Kony potrebbe in quest’ottica riprendere gli attacchi nel Paese.

Resta da vedere se l’amministrazione Museveni vorrà tirarsi ancora la zappa sui piedi. Queste leggi potrebbero rivelarsi un suicidio politico a livello internazionale.

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