Donderoad Mario Dondero
Una decina di anni fa conobbi a New York Julian Schnabel. Era reduce dal successo di Before Night Falls con Javier Bardem. Un ego smisurato già allora, la personificazione americana del Marchese del Grillo: “Io so io e voi non siete un cazzo”. È bello scoprire che non sempre la fama rende l’uomo vanitoso e che in un paesino marchigiano vive, ignorando ogni forma di glamour metropolitano, il più grande fotoreporter italiano: Mario Dondero. Un blog sul nomadismo non poteva che cominciare con lui.
Dondero è nato a Genova, ha vissuto la Milano agra di Bianciardi e Mulas al Giamaica, la Parigi delle barricate nel ’68, la Roma di Schifano e Mimmo Rotella, la Londra di Francis Bacon, la Spagna di Franco e il Portogallo di Salazar, la Grecia dei colonnelli, la caduta del Muro di Berlino nell’89, e in tutti questi anni ha ritratto scrittori, dissidenti, artisti per cui provava simpatia e ammirazione: Jerome Lindon, Samuel Beckett, Julio Cortazar, Carlos Barral, Gianfranco Fusco, Breyten Breytenbach, Amin Maalouf.
Ha sempre pensato che la fotografia diversamente dalle altre arti ti dia la libertà di prendere e andare, senza dover dare conto a nessuno, che sia un editore, un committente, un mecenate. E si è sempre trovato presente agli appuntamenti con la Storia, never too early, never too late. Un tempismo micidiale considerando che non guida.
Quattro anni fa è uscito per Cattedrale, un piccolo editore di Ancona, “Donderoad”, un titolo bellissimo, che riassume magicamente il modo di vivere di Mario Dondero. Sono sicuro che arrivato alla soglia degli 84 anni non gli dispiacerebbe quella profezia di Mitterrand: “Après moi, il n’y aura plus que de comptables et des financiers”.