Le chiese saranno anche vuote, ma le chatroom, i forum e i meandri del World Wide Web brulicano di sacro. Mentre le società tradizionali si liquefanno sotto i colpi della globalizzazione e dei cataclismi tecnologici, la religione ha trovato il suo nuovo locus in un non-luogo che di questo sconvolgimento è il simbolo – Internet, appunto. Con forme e modalità rivoluzionarie.
Questa è la storia che Fabrizio Vecoli, professore di Storia del Cristianesimo e Teoria nelle scienze religiose a Montreal, ci racconta ne “La religione ai tempi del web”, godibilissimo saggio uscito per i tipi di Laterza. Vecoli ci fornisce una panoramica ampia ma dettagliata delle numerosissime sfaccettature del peculiare rapporto fra rete e spiritualità.
Le religioni tradizionali – con la notevole eccezione dell’Islam – sono state in sostanza destabilizzate dal medium digitale , arrangiandosi ad utilizzarlo come nuovo metodo di proselitismo mentre ne mal sopportano “l’eccessiva apertura” e la natura intrinsecamente anti-gerarchica. Seppure non manchino le eccezioni, come la chiesa virtuale di San Pixel o le squadre di missionari virtuali che cercano di evangelizzare gli utenti di World of Warcraft o Second Life, le realtà religiose più consolidate sembrano avere una certa diffidenza nei confronti della rete (ma va detto che il volume è stato dato alle stampe prima dello sbarco pontificale su Twitter).
Al contrario, Internet è la culla di una pletora di nuove chiese, sette politeiste e combriccole pseudo-spirituali che praticano il loro credo camminando sul sottile confine fra religione, gioco di ruolo e pagliacciata misticheggiante. È il caso dei cybersciamani, che cercano il nirvana navigando a oltranza nelle pagine web non indicizzate, e, soprattutto, dei seguaci del Matrixism o della Chiesa degli Jedi , rispettivamente modellate sulla trilogia cinematografica “Matrix” dei fratelli Wachowski e sulla saga lucasiana “Star Wars”. Qui si porta alle estreme conseguenze l’insegnamento di Feuerbach, giacché i fedeli credono in opere dichiaratamente fittizie (in veri e propri blockbuster, in realtà) che assumono uno status sacrale perché la loro complessità narrativa ne fa delle “strutture di plausibilità” tenute in piedi da Internet , “esso stesso la struttura di plausibilità per eccellenza”.
Ed è forse questa l’intuizione più affascinante del libro di Vecoli: perché oggi, più che di “religione su Internet” bisognerebbe parlare di “religione di Internet”. Il Web, con la sua ineffabile complessità, la sua onniscienza, la sua qualità di luogo fuori dallo spazio e dal tempo, è diventato la “nuova dimensione metafisica”, la Noosfera, il moderno giardino dell’Eden in cui gli utenti interconnessi di tutto il mondo potranno finalmente vivere in pace. La sua comparsa ha risvegliato aspettative che hanno tutti i tratti di una speranza messianica, seppure espressa in termini più tecnologici. E viene il dubbio che, se anche dio non si trovasse su Internet, Internet stesso potrebbe essere ciò che c’è di più simile a un dio.
Gian Maria Volpicelli