Il tanto atteso cambio di nome della destra francese è
avvenuto: dalla giornata di sabato 30 maggio, il movimento cardine del
centrodestra transalpino non si chiamerà più Union pour un Mouvement Populaire. Ma Les Republicans.
Occorre subito dire che dal punto di vista sostanziale non
cambierà nulla: quell’agglomerato di famiglie politiche golliste, neo-golliste,
liberal-giscardiane, ecologiste e sovraniste avrà ancora casa in quello che
resta pur sempre uno dei tre partiti principali del paese. E’ possibile invece
che con questo colpo di reni di matrice sarkozysta, l’ex Presidente riesca a
far apparire agli occhi dell’opinione pubblica il partito come una “sua
creatura”. I fischi riservati a Fillon (finiti i tempi della campagna
elettorale per Edouard Balladur presidente, eh?) e soprattutto al futuro sfidante alle
primarie del centrodestra Alain Juppé alla convention de La Villette lasciano
immaginare uno scenario di questo tipo.
Il grande tema politico di questo apparente cambio di
paradigma sta nell’analisi del nome: che lettura dare a questa scelta da parte
dell’ex Presidente della Repubblica Francese?
I poli della discussione sono due: o i Repubblicani sono un
tentativo di uniformare la peculiare politica transalpina a quella dei sistemi
politici europei (e mondiali) secondo il tradizionale cleavage destra-sinistra,
oppure si tratta di un nome ibrido che pur dando vita ad un cambio di nominativo marchia nettamente lo stretto legame tra il partito e l’immortale concetto di
République. In questo ultimo caso, riaffermando una specificità del discorso
politico francese.
Impossibile ritrovarlo su The Post Internazionale, ma nel
corso della campagna presidenziale del 2012 scrissi che la visione politica
della destra sarkozysta si basava sul concetto del “triplo salto”: dopo la fase
gollista tout court (evidentemente fallita dopo il flop di Chaban-Delmas alle
presidenziali del ’74), e quella di matrisce pompidouiana e chirachiana,
occorreva una nuova era prettamente liberaldemocratica per il centrodestra. Da
qui “Nicolas l’Americano”, il ritorno dopo 41 anni della Francia nel Consiglio
Militare della Nato e gran parte della successiva politica estera di quel
quinquennio. Questo tentativo, questo sì di uniformazione agli stilemi della
politica mondiale, apparentemente fallì con la sconfitta del 2012.
Oggi Sarkozy torna in sella. E da buon liberaldemocratico
ritenta la strada dell’innovazione politica della destra francese. Dopo però il
“fallimento” di tre anni fa, utilizza una formula ibrida: sì, siamo Repubblicani
come Reagan e la famiglia Bush. Ma al tempo stesso, quando dico “République” in
Francia, penso anche a Léon Blum. Mi discosto dal gollismo classico e questo mi
consente di avvicinarmi ad alcune tematiche del Front National. Ma al tempo
stesso ribadisco un legame di stampo repubblicano che necessariamente non può
coinvolgere Marine Le Pen ed il suo movimento.
Ecco perché ci sentiamo di definire la scelta di cambiare
nome alla destra francese come una scelta un po’ cialtrona: una mossa
mediatica, a tratti cerchiobottista. Tesa a dare l’idea di una svolta, ma nemmeno
troppo. E sforzandosi di tirare la carretta ad uno sconfitto che però, per
ignavia altrui, a quanto pare ha ancora qualche carta da giocare all’interno
del suo schieramento.