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Curia: la riforma di Francesco

Il Papa, nell'esortazione Gaudium Evangelii, mette tutte le istruzioni per riformare la Chiesa. A Roma e nel Mondo

Di Raffaele Buscemi
Pubblicato il 27 Nov. 2013 alle 17:41

Negli ultimi mesi, all’ombra del Cupolone, ci si è dati da fare per immaginare come sarà l’annunciata riforma della Curia romana e su che tipi di consigli stanno fornendo al Papa i cardinali scelti come “consiglio dei saggi”. In Curia si vociferava già di accorpamenti e possibili riduzioni del personale.

In realtà Papa Francesco ha spiazzato tutti con la sua “Gaudium Evangelii”: un manifesto programmatico della riforma che il Papa ha in mente già da tempo ma che riguarda l’aspetto pastorale della sua visione della Chiesa. Una riforma a tutto campo per rivitalizzazione la gerarchia e spingerla ad essere più collegiale e a difendere i poveri, pur non cedendo a compromessi su questioni come l’ordinazione delle donne, l’aborto o l’eutanasia.

L’esortazione apostolica, che in verità è molto vasta e molto più lunga delle precedenti, è assimilabile a un “decreto attuativo” se vogliamo paragonarla a qualcosa di simile. Una esortazione con la quale il Papa spiega come e cosa si aspetta che facciano i membri della Chiesa: dai cardinali fino all’ultimo dei semplici fedeli laici. La Gaudium Evangelii sarà quindi il nuovo metro di paragone per giudicare il lavoro della Curia e dei vescovi di tutto il mondo.

Riassumendo i concetti chiavi dell’esortazione possiamo estrapolare tre punti chiave:

1) Il clero deve tornare a occuparsi di fedeli e di anime. Il discorso vale sia per i vescovi che per i sacerdoti. Questo vuol dire sacrificare qualche monsignore in Curia e nelle strutture diocesane per usarli li dove dovrebbero essere: nelle parrocchie, nelle missioni, nei confessionali, nei centri di accoglienza. In questo modo si darà anche maggior fiducia ai laici che in Curia, ad oggi, non hanno quasi mai ruoli chiave. Il sacerdote deve essere missionario e non deve diventare un funzionario di stato.

2) La Chiesa deve essere più collegiale. Papa Francesco lo ha messo in chiaro fin da subito: per quanto si possa pensare di lui che sia un “One-man-show” la Curia e la Chiesa devono essere più aperte a un confronto interno ed esterno. Inoltre tutte le strutture burocratiche, dai pontifici consigli alle congregazioni, della Santa Sede devono essere missionarie e con lo scopo primario di essere al servizio e di supporto della Chiesa nel mondo. Tutti quegli uffici che non svolgono queste funzioni sono considerati da riformare, se non superflui. Anche il ruolo delle Conferenze episcopali è da valorizzare realizzando concretamente quel «senso di collegialità» che finora non si è ancora pienamente concretizzato. Papa Francesco, in un passaggio, fa notare che è più che mai necessaria «una salutare decentralizzazione» e in questa opera di rinnovamento non bisogna aver timore di rivedere consuetudini della Chiesa «non direttamente legate al nucleo del Vangelo».

3) La comunicazione è importante. Si può dire che negli ultimi anni i problemi della Chiesa sono stati problemi di comunicazione e di gestione della comunicazione. Papa Francesco si è reso conto che «nel mondo di oggi, con la velocità delle comunicazioni e la selezione interessata dei contenuti operata dai media, il messaggio annunciato dalla Chiesa corre più che mai il rischio di apparire mutilato e ridotto ad alcuni suoi aspetti secondari». Da questo punto è facile capire alcune sue risposte molto simpatiche, e un po’ furbe, sugli omosessuali e sui divorziati: non bisogna andare allo scontro ribadendo allo sfinimento i no della Chiesa su argomenti già noti ma proporre in modo positivo, e missionario, il messaggio cristiano nei suoi aspetti più legati al Vangelo e meno ai precetti.

Ecco servita la riforma di Papa Francesco: una chiesa più missionaria, meno sacerdoti in curia e più nelle strade e un approccio al mondo che sia improntato sul dialogo e sul confronto e che non si riduca a un muro contro muro.

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