L’Australia sta attraversando una grave crisi politica.
Il primo ministro Malcolm Turnbull è stato sottoposto a un voto di sfiducia lunedì 20 agosto ma ne è uscito indenne, ottenendo 48 voti a favore e 35 contrari.
Tuttavia, il premier rischia di non avere più la maggioranza del suo partito, il Partito Liberale: alcuni ministri dell’esecutivo hanno presentato le dimissioni perché appoggiavano lo sfidante perdente.
Nel frattempo, il governo ha sospeso i lavori parlamentari per cercare di risolvere la crisi istituzionale.
Turnbull, accusato dall’interno di avere contribuito al tracollo del Partito Liberale, ha dichiarato di non volere rassegnare le dimissioni.
“Non ho mai ceduto ai bulli, ma potete immaginare la pressione alla quale sono sottoposte le persone”, ha affermato.
A guidare il fronte contro di lui è Peter Dutton, ex ministro dell’Interno ed ex agente di polizia con posizioni di destra, che si è detto fiducioso di avere adesso i numeri per destituirlo.
Alla richiesta di dimettersi, Turnbull ha risposto che Dutton non ha ancora dimostrato di avere il sostegno della maggioranza del Partito Liberale: se dovesse arrivare una petizione con abbastanza firme sotto, allora convocherebbe una nuova riunione per venerdì 24 agosto e farebbe un passo indietro.
Secondo la stampa, a quel punto Dutton potrebbe scontrarsi con il tesoriere, Scott Morrison.
Il moderato Turnbull sconta bassi sondaggi, la sconfitta nelle recenti elezioni suppletive e la rivolta dell’ala conservatrice del partito.
Il leader dell’opposizione laburista, Bill Shorten, ha sottolineato che il paese “non ha più un governo operativo”, mentre la sua vice, Tanya Plibersek, ha puntato il dito contro “un governo che ha di fatto smesso di governare perché è troppo occupato a combattere se stesso”.
Negli ultimi dieci anni, nessun premier è riuscito a completare i tre anni di mandato negli ultimi dieci anni.
Turnbull ricopre l’incarico di primo ministro dal 2015. Aveva assunto l’incarico sostenendo il predecessore Tony Abbott, sconfitto nella così detta leadership challenge: si tratta di un voto interno al partito che porta all’elezione di un nuovo leader che in modo automatico, e se quel partito ha la maggioranza ed è al governo, diventa primo ministro.
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