Roberto Antonio Argueta, attivista per l’ambiente, assassinato in Honduras
Una nuova morte sconvolge il mondo dell’ambientalismo e, se ci pensate bene, sconvolge un po’ tutti noi con la consapevolezza sempre maggiore che la difesa del pianeta stia diventando qualcosa di grosso, complicato e pericoloso.
Roberto Antonio Argueta è stato ucciso con alcuni colpi di arma da fuoco lo scorso mercoledì in Honduras, nella regione di Aguan, a circa 300 chilometri dalla capitale Tegucigalpa. Era residente nel comune di Cieibita di Rocoa e insieme a ad altre trentuno persone era stato messo sotto accusa per avere difeso i fiumi San Pedro e Guapinol nella zona di Colon dalla costruzione di una grossa diga che, secondo gli attivisti, avrebbe fatto scempio della natura locale.
L’omicidio ha irrigidito ancora di più i rapporti tra le associazioni ambientaliste della zona (che lamentano la militarizzazione e la violazione dei diritti umani nella comunità di Guapinol e nelle zone adiacenti) e pone molti dubbi su un omicidio che torna molto utile a chi da mesi sta intimidendo chiunque si opponga alla cementificazione del territorio.
L’uccisione di Argueta “è un’ulteriore prova del fatto che sta diventando sempre più pericoloso in Honduras per i difensori del nostro pianeta, dell’ambiente e dei diritti umani”, ha dichiarato la coordinatrice di Cofadeh Bertha Oliva dell’agenzia di stampa AFP. L’assassinio dell’attivista è stato confermato dai funzionari delle Nazioni Unite e dal governo.
L’assassinio di Argueta ha riportato alla mente un altro assassinio, quella dell’attivista Berta Caceres uccisa nel marzo del 2016: la madre di quattro figli aveva guidato le proteste degli indigeni contro la costruzione di una diga pianificata nel nord-ovest del Paese centroamericano. Come mandanti dell’omicidio furono riconosciuti in tribunale i dirigenti della compagnia energetica che volevano costruire la diga.
L’omicidio pone anche un serio interrogativo nazionale: siamo sicuri che la difesa dei diritti umani sia cosa tanto distante dalla difesa della salute del pianeta in quei Paesi in cui il capitalismo sfrenato detta legge e distrugge il territorio in nome del profitto?
La guerra al cambiamento climatico presuppone anche una consapevolezza internazionale che sia più ampia, più responsabile e più preparata. Se davvero la salute del pianeta riguarda tutti allora ogni omicidio di un attivista ambientalista riguarda anche noi. Anche quello di Roberto Antonio Argueta. O no? Ed è politica, questa.
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