Questo è un testo di quelli che non deve mancare sui ripiani della vostra libreria, perché fornisce un ampio sguardo sulla storia e sul mondo per capire in che direzione stiamo andando e quali sono le correzioni da fare. L’autore, premio Pulitzer per la saggistica nel 1998, Jared Diamond, ha una formazione sia medica che umanistica, coniugata a un forte interesse per la biologia evolutiva.
Questo permette a Diamond di aprirci gli occhi sull’evoluzione dei rapporti di forza nel mondo e concludere che sono tre gli elementi che hanno da sempre contraddistindo chi stava dalla parte dei “forti” e chi dei “deboli”. E sono le armi, l’acciaio (inteso come tecnologia) e le malattie.
«Il surplus alimentare e l’uso degli animali come mezzo di trasporto furono fattori che portarono alla nascita di società politicamente centralizzate, socialmente stratificate, economicamente complesse e tecnologicamente avanzate» p. 67
Questo è il primo passo e include i primi due elementi, le armi e l’acciaio. L’elemento più curioso riguarda le malattie, legate all’addomesticamento degli animali che al genere umano è riuscito piuttosto raramente, in 134 dei 148 “candidati” in Eurasia. Questo ha comportato lo sviluppo di malattie epidemiche per il contatto uomo-animale per cui alcuni popoli hanno sviluppato un’immunizzazione e altri no.
Vi siete sempre chiesti perhé gli Indiani d’America furono così facilmente sopraffatti? Gli Europei portarono malattie a cui loro non erano immuni, furono le malattie a fare strage e a spostare l’ago della bilancia così clamorosamente.
«La storia dell’umanità è costellata di conflitti impari tra chi qualcosa ce l’aveva e chi no: tra chi sapeva procurarsi il cibo con l’agricoltura e chi no – o tra chi lo sapeva fare da molto tempo e chi l’aveva appena imparato» P. 68
La Storia quindi si è mossa su queste direttive:
«[…] Un gruppo umano dotato di armi, acciaio e malattie, cioè di tecnologie più avanzate, si espande su nuovi territori a spese di altri gruppi meno fortunati, fino a quando questi ultimi spariscono, oppure riescono ad acquisire la stessa tecnologia» (pp. 354).
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