Aran Cosentino Greta italiano
Lo chiamano il ragazzo del torrente. E anche se a lui non piace, la verità è che Aran, 17 anni e l’accento aspro friulano, lo è davvero, perché quel torrente a pochi passi da casa sua, l’ha salvato sul serio dalla mano distruttrice dell’uomo.
Abita in mezzo ai boschi, in un paesino di appena dieci abitanti ai confini con la Slovenia, Savogna di Udine. Ogni giorno prende un autobus e percorre per 40 minuti le strade che lo portano fuori dalla sua cornice bucolica per arrivare a scuola, in città. Il venerdì, quando finisce lezione, non torna a casa come tutti gli altri giorni, ma si ferma in piazza, a Udine. È il giorno dello sciopero, è il giorno della Terra.
Ha le idee chiare, Aran. E ce le ha sin da quando aveva 12 anni, quando non si è dato pace finché non ha ottenuto quello che voleva. In quel caso si trattava della raccolta differenziata a scuola, oggi si tratta di salvare il pianeta dal cambiamento climatico che lo sta uccidendo.
Come Greta. Prima di Greta. Perché la battaglia di Aran per l’ambiente inizia nel 2016, quando il ragazzino aveva 14 anni e veniva a sapere che il torrente Alberone, il suo torrente, era in pericolo. Dalla città, arrivava l’uomo a contaminare uno dei pochi pezzi di natura incontaminata. Una società di Trieste voleva costruire una centralina idroelettrica sfruttando la – poca – corrente dell’Alberone.
“Si trattava di una centralina idroelettrica che avrebbe provocato la distruzione di due chilometri di corso d’acqua”, spiega Aran a TPI. Ma il problema non era solo quello: “Nel torrente vive un gambero di acqua dolce in via d’estinzione. Quel gambero esiste solo nell’Alberone”.
Sono meno del due per cento i corsi d’acqua in stato di elevata naturalità e l’Alberone rientra tra questi. I tentacoli del progresso si sono allungati fino alle montagne friulane e hanno messo in serio pericolo il torrente di Aran. Dietro c’era solo un’idea di profitto: “Era un pretesto per prendere gli incentivi. Quasi tre milioni di euro in tutto. Si trattava di una speculazione che sta avvenendo in tanti torrenti di Italia, non solo nel mio”, spiega Aran.
“Non sono contrario all’energia idroelettrica, ma va sfruttata in luoghi già antropizzati, non andando a distruggere un torrente naturale. Per di più per produrre pochissima energia, vista la bassa portata d’acqua dell’Alberone”, continua il ragazzo.
Un’ingiustizia a cui Aran ha detto no, con forza. Da lì, l’idea di attivarsi: Aran si è mobilitato, ha creato un comitato e ha avviato una raccolta firme. Una battaglia lunga due anni, con sit in e manifestazioni per difendere quell’ultimo pezzo di natura graziata dalla prepotenza dell’uomo. “A dicembre 2018 abbiamo ricevuto la notizia che avevamo vinto, più di mille firme raccolta in tutta la regione e una grande sensibilizzazione generale. Non ci credo ancora e siamo sempre all’erta, perché un nuovo progetto come quello può sempre arrivare”, continua.
Ma la soddisfazione è tanta: “Sono felice di aver salvato uno degli ultimi torrenti incontaminati d’italia”. Il suo attivismo non si è fermato a quel risultato eccezionale e quasi insperato. Aran oggi supporta gli altri comitati che, in tutto il paese, lottano per i loro territori come lui ha lottato per l’Alberone: “Cerco di aiutare gli altri comitati. Solo in Friuli sono una decina i torrenti a rischio”. Ma il problema è ben più ampio: “Sia sulle Alpi che sugli Appennini ci sono corsi d’acqua minacciati dall’arrivo delle centraline, spesso si tratta di torrenti in alta montagna”.
Aran ha vinto la battaglia dell’Alberone, ma non la guerra contro il cambiamento climatico. Quando nell’agosto del 2018 ha visto in tv quella ragazzina con le trecce seduta davanti al Parlamento svedese, il 16enne friulano ha pensato che finalmente qualcuno stava facendo qualcosa.
“Finalmente qualcuno della mia età che prendeva coraggio, con determinazione cominciava a parlare e svegliare le persone”, racconta Aran, che confessa di aver provato felicità nel “vedere che non sei da solo. Ho iniziato a sentirmi parte di un progetto più grande”.
Da quell’agosto tante cose sono cambiate, tante sono ancora da cambiare. La strada battuta da Greta, però, resta la via da seguire, insieme. Gli scioperi del venerdì per Aran sono iniziati l’8 febbraio scorso: “Dopo scuola, scendo in piazza e manifesto. Per un paio d’ore sono lì con alcuni compagni e manifestiamo”. Non tutti lo capiscono, lo chiamano il ragazzo del torrente, anche se a lui non piace. Lui, che arriva dalla natura e porta nel cuore della città la battaglia per salvarla, quella natura minacciata.
“Anche quando portavo avanti la battaglia per l’Alberone, non pensavo solo al mio orticello. Io continuo ad andare avanti per difendere la madre terra, non solo se succede qualcosa vicino a me. ‘Agire locale, pensare globale'”, continua Aran con una saggezza che si addice poco alla sua giovane età. “Quando ho sentito di Greta, ho riconosciuto una missione, una battaglia comune da proseguire”, spiega.
E Greta la storia di Aran l’ha conosciuta, l’ha apprezzata (“Ha ritwittato il mio tweet di novembre scorso, quando con mia madre manifestavamo per l’Alberone”, ripete orgoglioso) e questo ha spinto il giovane friulano a continuare la battaglia per la Terra. Lo sa bene che ci vorrà moltissimo tempo prima che le cose cambino, ma lui ce la sta mettendo tutta. L’entusiasmo dei suoi 17 anni e la voglia di dare tutto se stesso per la causa.
Ce l’ha nel sangue la determinazione di schierarsi incondizionatamente dalla parte della natura. Un nonno alpino che l’ha fatto crescere col mito della montagna, delle camminate, della ricchezza della natura e – ancor di più – quell’avo, Viko, che sfiora il personaggio mitologico, che viveva nei boschi sloveni e non accendeva il fuoco pur di non ammazzare le formiche: “Chissà, forse ce l’ho nel dna”.
Se Greta ha svegliato le coscienze di tanti nel mondo, Aran si appresta a scuoterle almeno in Italia. E chissà che non sentiremo parlare ancora del ragazzo del torrente.
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