Alcuni ricercatori di IDIBAPS (Institut d’Investigacions Biomèdiques August Pi i Sunyer) e dell’Università di Barcellona hanno recentemente sviluppato un sistema di realtà virtuale creato appositamente per gli uomini che hanno commesso un crimine di violenza domestica.
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Lo scopo del programma è quello di mettere nei panni della loro vittima gli uomini violenti, dal momento che lo studio ha rivelato che le persone violente hanno una forte mancanza di empatia, che però può essere migliorata attraverso l’utilizzo della realtà virtuale.
La professoressa spagnola Mavi Sánchez-Vives, coordinatrice delle ricerche, ha dichiarato al Mirror: “I corpi virtuali possono essere drasticamente diversi da quelli del partecipante, ma comunque l’individuo subisce la forte illusione di possedere un corpo reale”.
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“Queste illusioni hanno un impatto sul partecipante alterando percezioni, atteggiamenti e comportamenti”.
Lo strumento è stato sviluppato con la collaborazione di oltre 200 aggressori, e i ricercatori hanno analizzato l’impatto della realtà virtuale su 20 soggetti violenti e 20 partecipanti non violenti, effettuando un test per valutare la loro percezione e la loro empatia.
Durante l’esperimento, i partecipanti sono entrati in un’atmosfera virtuale, in cui il loro corpo era sostituito da quello di una donna virtuale.
Una volta inseriti nei panni delle donne, gli uomini violenti hanno visto un uomo virtuale entrare in scena e mostrare comportamenti violenti nei loro confronti.
Il professore di ambienti virtuali Mel Slater, coautore dello studio, ha raccontato: “L’atmosfera è interattiva, dal momento che gli aguzzini osservano il viso dei partecipanti e gridano ‘stai zitto!’, quando i partecipanti parlano, o ‘guardami!’, se i partecipanti distolgono lo sguardo”.
I risultati hanno mostrato che prima di passare attraverso l’esperienza della realtà virtuale, i criminali avevano una scarsa capacità di riconoscere la paura sul volto di una donna, ma che dopo aver sperimentato in prima persona – anche se in forma virtuale – un’esperienza di abuso, la loro capacità di riconoscere quella paura è migliorata.
I partecipanti condannati hanno infatti riconosciuto che, a differenza di ciò che provano di fronte a un film, questa esperienza è percepita come reale e causa loro paura, facendoli sentire minacciati. Qualcuno è arrivato addirittura a riconoscere che l’uomo virtuale lo ha fatto sentire profondamente in colpa.
Questo tipo di realtà virtuale viene già utilizzato al servizio di misure criminali alternative del Departament de Justícia a Barcellona, dove vengono forniti corsi di riabilitazione per i condannati per maltrattamenti che, su proposta del giudice, possono scegliere questa opzione al posto del carcere.
“I processi psicologici, come il riconoscimento delle emozioni, possono essere modificati”, ha concluso Sánchez-Vives.
I ricercatori vogliono arrivare a valutare l’impatto di questo aiuto virtuale negli uomini violenti, anche se mancano ancora alcuni anni di studi e statistiche.