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Cosa serve davvero per mettere in atto un attacco nucleare

Credit: Reuters

Non basta avere un missile balistico intercontinentale, serve (tanto) materiale fissile per sviluppare un'arma atomica. Quanto ne possiede Pyongyang e quanto gli Stati Uniti?

Di Andrea Lanzetta
Pubblicato il 9 Ago. 2017 alle 18:07 Aggiornato il 9 Ago. 2017 alle 18:46

Negli ultimi mesi la tensione tra Corea del Nord e Stati Uniti è salita vertiginosamente, fino ad arrivare a minacce da entrambe le parti di attaccare il territorio nemico, anche mettendo mano all’arsenale nucleare a disposizione dei due paesi.

Ma cosa ci vuole perché Kim Jong Un possa dare seguito alle proprie minacce? È davvero sufficiente possedere missili balistici intercontinentali? In realtà per mettere davvero in atto un attacco atomico bisogna soprattutto considerare la quantità di combustile radioattivo a disposizione del paese intenzionato a sviluppare tali armi.

Plutonio e uranio altamente arricchito (Heu) sono i materiali essenziali per produrre armi nucleari. La loro combustione rilascia le enormi quantità di energia necessarie a scatenare le reazioni a catena che rendono le bombe atomiche e le armi termonucleari tanto distruttive.

L’uranio altamente arricchito viene ricavato appunto dall’ “arricchimento” dell’uranio naturale in modo che contenga una percentuale molto più elevata dell’isotopo 235U o uranio 235. L’Heu infatti è una miscela di isotopi di questa sostanza, che differisce dalla sua forma naturale estratta nelle miniere per un contenuto dell’isotopo 235U che va dall’80 al 90 per cento.

In natura l’uranio contiene poco meno dell’1 per cento di 235U. Produrre questo tipo di combustile nucleare è estremamente costoso perché richiede una tecnologia molto avanzata, grandi disponibilità di uranio e centrifughe nucleari per l’arricchimento che sfruttino i materiali di risulta delle centrali atomiche.

Il plutonio è invece ottenuto in maniera più economica, irradiando l’ 238U o uranio 238 con una grande quantità di neutroni, all’interno di un reattore nucleare. Dal risultato di questa procedura è possibile estrarre il plutonio attraverso una tecnica chimica nota nell’industria nucleare civile come “rielaborazione”.

Il Plutonio e l’uranio altamente arricchito sono stati prodotti per la prima volta negli anni Quaranta dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica nell’ambito dei rispettivi programmi di sviluppo nucleare. Da allora sono state prodotte grandi quantità di questi materiali in diversi paesi che hanno intrapreso la strada dello sviluppo di armi atomiche.

Per i loro programmi militari nucleari, la Cina, la Francia, la Russia, il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno prodotto sia uranio altamente arricchito che plutonio. India, Israele e Corea del Nord invece hanno prodotto principalmente plutonio. Il Pakistan invece ha sviluppato le proprie armi usando soprattutto uranio altamente arricchito.

In generale, tutti gli stati in possesso di un’industria nucleare civile possiedono la capacità di produrre materiali fissili che possono essere usati come combustile per costruire armi nucleari.

I due arsenali a confronto

Le capacità atomiche degli Stati Uniti non sono in discussione, le forze armate statunitensi non solo sono state le uniche nella storia a effettuare un bombardamento nucleare su Hiroshima e Nagasaki nel 1945 ma sono anche state le prime a completare la cosiddetta triade nucleare.

Washington infatti può lanciare missili dotati di testata nucleare miniaturizzata sia da basi terrestri, che da sottomarini nucleari che da bombardieri strategici. Capacità che Pyongyang di certo non possiede.

Gli Stati Uniti possiedono 599 tonnellate di uranio altamente arricchito e 87,6 tonnellate di plutonio. In totale Washington può fare affidamento su più di 7.700 armi nucleari, 2.150 delle quali sono già montate su missili balistici intercontinentali.

Il regime di Kim Jong Un ha invece dimostrato sia di essere in grado di sviluppare bombe nucleari, i cui test sotterranei condotti nei pressi del confine cinese hanno scatenato più volte le proteste di Pechino, sia di poter lanciare missili balistici a medio raggio in grado di raggiungere il territorio statunitense, in particolare le basi militari americane nel Pacifico, le isole Hawaii e l’Alaska.

Le stime della possibile dimensione dell’arsenale nucleare della Corea del Nord variano notevolmente. Queste sono basate principalmente sui calcoli riguardo la quantità di plutonio in possesso del regime nord-coreano. Questo dato dipende a sua volta da quanto uranio il regime di Kim Jong Un è riuscito a reperire per il suo reattore di ricerca da 5 megawatt, situato presso il Centro di sviluppo nucleare di Yongbyon.

Le attività del centro sono state bloccate nel 2007 in esecuzione degli accordi internazionali previsti dai colloqui di pace tra Corea del Sud, Corea del Nord, Stati Uniti, Cina, Russia e Giappone. Nell’agosto 2013 però Yongbyon ha ripreso a funzionare a pieno regime.

Si stima che da allora la Corea del Nord abbia prodotto abbastanza plutonio per poter assemblare non più di otto armi atomiche. Ogni testata necessita di quasi cinque chili di questo materiale radioattivo, Pyongyang dunque sarebbe in possesso di almeno 30 chili di plutonio.

Secondo l’International Panel on Fissile Materials, un gruppo di esperti nucleari indipendenti provenienti da 18 paesi del mondo, a Yongbyon, il regime di Kim Jong Un possiede una centrale per l’arricchimento dell’uranio e potrebbe averne anche un’altra in un sito segreto. Dai dati attualmente in possesso della comunità internazionale non risulta che Pyongyang possieda quantità significative di uranio altamente arricchito.

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Le mappe che mostrano la minaccia della Corea del Nord

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