I vaccini anti-Covid a mRNA, come quelli prodotti da Pfizer-BioNTech e Moderna, presentano anche una serie di “benefici secondari” oltre a impedire – nella stragrande maggioranza dei casi – l’insorgere dell’infezione. Tra questi, nei rari episodi di contagio rilevati tra i vaccinati, figura la capacità di alleviare significativamente i sintomi e accorciare i tempi della malattia, riducendo anche la possibilità di trasmettere il nuovo Coronavirus ad altri.
È quanto emerge dal nuovo studio internazionale Research on the Epidemiology of SARS-CoV-2 in Essential Response Personnel (RECOVER) condotto in otto diverse località degli Stati Uniti dal Rocky Mountain Center for Occupational and Environmental Health (RMCOEH) dell’Università dello Utah e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine.
Chi ha ricevuto entrambe le dosi di un vaccino a mRNA anti-Covid presenta fino al 91 per cento in meno di probabilità di sviluppare la malattia rispetto ai non vaccinati, una percentuale che scende all’81 per cento tra chi ha avuto solo la prima dose (a due settimane dalla somministrazione).
La ricerca si basa sui dati preliminari pubblicati a marzo dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi. Secondo gli studiosi, i risultati del RECOVER sono tra i primi a dimostrare che la vaccinazione anti-Covid tramite sieri a mRNA risulta efficace anche nei rari casi di infezione rilevati tra i vaccinati.
“Una delle cose uniche di questo studio è che ha misurato i benefici secondari del vaccino“, ha spiegato Sarang Yoon, coautrice dello studio, docente presso il RMCOEH e ricercatrice responsabile del RECOVER nello Utah. La ricerca è stata pensata in primis per misurare i rischi e i tassi di contagio tra gli operatori in prima linea nella lotta alla pandemia.
“Abbiamo somministrato questi vaccini ad alcuni appartenenti ai gruppi a più alto rischio in questo Paese: medici, infermieri e soccorritori”, ha sottolineato Yoon. “Si tratta delle persone ogni giorno più esposte al virus e il vaccino le ha protette contro la malattia. Colore che, nonostante il vaccino, hanno sfortunatamente contratto la Covid-19 hanno comunque avuto un decorso migliore di chi non l’aveva ricevuto”.
Lo studio RECOVER è stato condotto su 3.975 partecipanti in otto località degli Stati Uniti, tra cui Salt Lake City nello Utah; Miami in Florida; Temple in Texas; Portland in Oregon; Duluth in Minnesota; Phoenix, Tucson e altre città dell’Arizona. I partecipanti hanno inviato ai ricercatori i propri campioni per il test anti-Covid per 17 settimane tra il 13 dicembre 2020 e il 10 aprile 2021, riferendo inoltre su base settimanale l’eventuale insorgere di sintomi simili all’infezione da nuovo Coronavirus, tra cui febbre, dispnea e perdita del gusto o dell’olfatto.
Solo 204 (pari al 5 per cento) dei partecipanti sono risultati positivi al SARS-CoV-2, il virus responsabile della Covid-19. Tra questi, 156 non erano vaccinati e 16 avevano completato il ciclo vaccinale o avevano ricevuto solo la prima dose. I partecipanti vaccinati che avevano sviluppato l’infezione presentavano sintomi più lievi rispetto a chi non aveva ricevuto il vaccino. In particolare, tra i vaccinati l’insorgere della febbre risultava inferiore del 58 per cento e il numero di giorni trascorsi in malattia è stato ridotto del 60 per cento. Inoltre, nessuno dei partecipanti vaccinati è stato poi ricoverato per Covid.
“I risultati suggeriscono inoltre che gli individui completamente o parzialmente vaccinati che contraggono la Covid-19 potrebbero avere meno probabilità di diffondere il virus ad altri”, si legge nel comunicato del RMCOEH. I ricercatori hanno scoperto infatti che i partecipanti allo studio contagiati nonostante la vaccinazione avevano una carica virale inferiore del 40 per cento rispetto ai non vaccinati e che la permanenza del virus nel cavo rinofaringeo era limitata a pochi giorni.
“Spero che questi risultati rassicurino il pubblico sul fatto che i vaccini anti-Covid a mRNA sono sicuri e ci proteggono da questa grave malattia”, ha aggiunto Yoon. “Lo studio RECOVER è tuttora in corso e i risultati delle fasi future aiuteranno a determinare per quanto tempo i vaccini anti-Covid proteggano dall’infezione e l’efficacia nel mondo reale dei nuovi sieri”, conclude la nota dell’Università dello Utah. “Un nuovo studio testerà gli stessi risultati nei minori di età pari o superiore a 12 anni ormai idonei a ricevere i vaccini anti-Covid, indagando anche se e come i sieri proteggano dalle nuove varianti, incluso il ceppo Delta“.
Leggi l'articolo originale su TPI.it