Negli scorsi giorni ha destato molto scalpore la storia di un uomo di 71 anni che ha subìto l’amputazione di una mano dopo aver mangiato del pesce crudo. sushi mano amputata
Il caso è avvenuto a Jeonju, a sud di Seoul, in Corea del Sud, e la vicenda è stata resa nota dal New England Journal of Medicine (qui tutta la storia).
Secondo la rivista, l’infezione che ha provocato l’amputazione della mano è stata dovuta al batterio Vibrio vulnificus, che appartiene al gruppo dei vibrioni, batteri parassiti dell’animale e dell’uomo o diffusi in ambienti acquatici.
Ma davvero mangiare pesce crudo può portare all’amputazione di una mano?
Per capirne di più TPI.it ha contattato il dottor Emanuele Nicastri, direttore della “Divisione di Malattie Infettive ad alta Intensità di cura ed altamente contagiose”, dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma.
Dottor Nicastri, cosa è successo al paziente sudcoreano di cui parla il New England Journal of Medicine?
È un’infezione relativamente comune. Questo batterio appartiene al gruppo dei “vibrioni”, che si trovano nelle acque e che possono contaminare molluschi di qualsiasi tipo.
La persona può entrarvi in contatto con le mani, perché gestisce o pulisce molluschi e magari ha una ferita, oppure se ingerisce un mollusco che non sia ben cotto.
La cottura infatti sterilizza il cibo.
Tuttavia si tratta di una complicanza del tutto rara. Il paziente era immunodepresso, per cui c’è stata una maggiore gravità derivante dal patogeno, a causa delle basse difese immunitarie del paziente.
Ma normalmente anche nei pazienti immunodepressi si riesce a gestire, con la terapia antibiotica e magari anche la terapia chirurgica se necessario. È stato un caso particolarmente sfortunato, più unico che raro.
Una persona non immunodepressa quindi non avrebbe corso questo rischio?
No. Se la persone si fosse infettata a livello locale, maneggiando molluschi, avrebbe avuto un’infezione locale.
Se invece avesse ingerito il batterio tramite un mollusco poco cotto, avrebbe avuto al massimo una gastroenterite febbrile. Si tratta di una cosa abbastanza comune quando si va all’estero, è quella che noi chiamiamo “la diarrea del viaggiatore”.
Noi cambiamo la flora intestinale di cui siamo portatori con quella del paese in cui ci troviamo, e in quei casi, può prendere la prevalenza qualche microorganismo che assumiamo attraverso il cibo: o perché è poco cotto oppure perché viene contaminato dalle mani dell’operatore dopo essere stato cotto.
Quando si manifestano i sintomi?
Dipende sempre dalle modalità di infezione. Se è avvenuta per contatto, dopo qualche giorno emerge l’infezione locale da questo micro-organismo.
Se invece è stato ingerito, deve passare qualche giorno prima che il micro-organismo dia luogo alla gastroenterite febbrile.
Questa non ha nulla di tipico, è un po’ come le gastroenteriti da salmonella, shigella, escherichia coli. Sono molti i micro-organismi che possono dare sintomatologia di questo tipo e che sono più frequenti nei paesi tropicali, ma sono presenti anche alle nostre latitudini.
Il batterio di cui parlavamo è legato esclusivamente ai molluschi o può stare anche nel pesce crudo?
Può stare anche nel pesce crudo. Però i molluschi sono tipici perché filtrano tanta acqua quindi lo concentrano in una maggiore percentuale rispetto all’acqua non diluita da un pesce.
È lo stesso meccanismo delle epatiti da molluschi, dell’epatite A che si può prendere dalle cozze non cotte a sufficienza.
Quindi mangiare pesce crudo in Italia o all’estero può essere pericoloso?
Va controllato sicuramente. Molto di più del pesce cotto.
Ci sono casi di trasmissione di Anisakis (il verme parassita che può essere ingerito mangiando pesce crudo, ndr) anche in Italia.
Il pesce crudo deve essere abbattuto con temperature che scendono rapidamente molto al di sotto dello zero per essere mangiato.
L’Anisakis è presente anche nel Mediterraneo, per cui quando una persona mangia del pesce azzurro marinato in olio deve comunque essere certa che sia stato abbattuto in precedenza.
La stessa cosa vale per il sushi. Bisogna sempre verificare che la temperatura di congelamento sia stata ottenuta attraverso l’abbattimento.
Quali sono i sintomi con cui si manifesta la presenza di Anisakis?
La sintomatologia è molto dolorosa e si manifesta immediatamente dopo l’ingestione. Si localizza a livello dell’intestino.
In questi casi si può intervenire con dei farmaci?
No, purtroppo la rimozione è solo meccanica, attraverso una gastroscopia.
Come si può prevenire di ingerirlo?
Sono piccoli parassiti che si vedono anche a occhio nudo. Una persona quindi può controllare. I batteri invece non si vedono ovviamente.
In quei casi è fondamentale la corretta igiene delle mani: bisogna sempre lavarsi le mani prima di preparare il cibo e sedersi a tavola.
Un altro consiglio, soprattutto per i viaggiatori che vanno nei paesi tropicali, è di bere e usare a fini alimentari solo acqua imbottigliata o bollita.
Bisogna anche evitare di mangiare frutta e verdura a meno che non sia cotta o sbucciata dalla persona stessa.
Lei quindi sconsiglia di mangiare pesce crudo?
No. Il pesce crudo può essere mangiato purché sia abbattuto. Bisogna fidarsi dell’igiene di chi ha preparato il pesce. L’abbattimento in Italia è previsto per legge, ma io in ogni caso lo verificherei di volta in volta.
Negli ultimi mesi si è parlato anche della listeria. In quali alimenti si può trovare e qual è il rischio in questo caso?
La listeria può stare in molti alimenti, in genere si parla di formaggi freschi, come il mascarpone o il camembert. La listeria però interessa prevalentemente persone di una certa età e con delle altre infezioni.
A volte può dar luogo ad infezioni alimentari, altre volte ad infezioni neurologiche anche gravi.
Anche qui è la corretta gestione dell’alimento che dà la certezza che non ci sia listeria. Qualche mese fa in Sudafrica c’è stata l’epidemia più grande al mondo di listeria, legata a dei prodotti industriali prodotti senza le dovute attenzioni.
Ci sono state diverse centinaia di casi e centinaia di morti.
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